Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 832
Zio Berte scuote la testa, guarda di qua e di là, misurando con gli occhi la vastità dei beni di sua figlia, poi torna a guardare lei, diafana e piegata come una canna sotto la quercia.
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La primavera tutta verde, senza fiori, pura e austera, quasi sacra, si stendeva nella tanca. L'erba eguale, brillante, nei prati vasti che parevano laghi, fra un gruppo e l'altro di rocce, tra un fitto e l'altro di bosco, ondulava come acqua e rifletteva l'azzurro del cielo, l'ombra delle nuvole.
E su dai monti verdi e azzurri dell'orizzonte le nuvole di primavera spuntavano di continuo come germogli; sbocciavano, s'aprivano, si sfogliavano; volavano via come petali grandi di rosa spinti e sciupati dal vento.
p. 832
Zio Berte scuote la testa, guarda di qua e di là, misurando con gli occhi la vastità dei beni di sua figlia, poi torna a guardare lei, diafana e piegata come una canna sotto la quercia.
p. 832
Marianna si sentiva come disfare nel silenzio, nei ricordi: aveva l'impressione che non sarebbe più tornata alla sua prigione di Nuoro: e questo, per il momento, le bastava.
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Il gattino profittò dell'occasione per saltare sull'orlo della secchia e allungare il muso sul latte fumante; ma come vedesse un cane in fondo al recipiente cominciò a sbuffare e a battersi la zampina sul muso. S'era scottato; rimbalzò a terra e andò accanto al padrone, ma il padrone, che pure lo amava, lo respinse col piede.