Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
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laquo; Forse oggi verrà,» e d'un tratto il giorno tetro le si apriva davanti come una conchiglia scabra con dentro la perla della speranza. Ma le ore passavano invano e al cadere della notte anche su di lei il dolore come l'inverno sulla terra rigettava il suo cappuccio nero.
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Gli occhi verdognoli, di tanto in tanto, pure nel sorriso, si oscuravano come se dentro vi passassero ruotando delle ombre.
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Il cugino la guardava e sorrideva mostrando i bei denti nel viso pallido; era più magro e gialliccio del solito e appunto con quei denti sani nel viso devastato pareva uscito appena da una malattia.
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Si ricacciò la berretta in testa e s'avviò per andarsene: Marianna gli balzò davanti, lo afferrò per le maniche del cappotto col viso riverso sbiancato come s'egli l'avesse ferita al cuore.
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Egli la guardò dal basso, supplichevole, come dal fondo di un abisso, aspettando soccorso: ma gli occhi di lei erano lucidi, rossi come se avesse pianto sangue, e nel fissarlo scuoteva la testa e pareva dicesse: «Adesso è troppo tardi.»