Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
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Il padre al contrario si sollevò, scuotendo le spalle per liberarsi del peso che lo schiacciava; si guardò attorno e tutto gli parve mutato, tutto devastato come se davvero una torma di grassatori fosse passata in casa di sua figlia portandovi la desolazione della morte.
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- Marianna!- balbettò, - un servo! Un servo! - ripeté rinfrancandosi. - Un bandito! E fosse almeno un bandito famoso, fosse almeno Giovanni Corraine!
- Per me è più grande di tutti gli uomini del mondo, - disse Marianna; e si piegò, col viso fra le mani, decisa a non combattere.
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Ma davanti a Marianna, pallida e ferma appunto come una morta, sentivano entrambi che ogni dolore, ogni ribellione era inutile. E questa era la cosa più terribile: l'impossibilità di combattere.
Tuttavia nella sua impotenza, l'uomo cominciò a fremere: gli pareva d'essere legato, sì, di essere vinto; ma c'era gente forte ancora, nel mondo, che poteva aiutarlo.
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Ed egli fece il giro del focolare e le si piegò accanto, ai piedi, come un servo, come un cane che le leccasse le mani.
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I battenti della finestra inzuppati d'umido erano aperti e dalle sbarre arrugginite dell'inferriata cadevano ancora grosse gocce d'acqua dense rossiccie come sangue. L'aria già primaverile penetrava nella casa, e sopra i tetti, dai quali erano scomparse le ultime stalattiti, s'affacciavano piccole nubi chiare su un cielo azzurro che pareva soffuso di meraviglia infantile. Sì, il sole esisteva ancora; e il mormorio lontano del torrente, nel silenzio del quieto mattino, diceva le cose dolci lontane, di erba, di querce bagnate che si scuotono come naufraghi venuti fuori dalla tempesta, dei primi agnellini nella tanca che suggono il latte materno guardando in alto con voluttà, dei cani allegri che abbaiano vedendo a sera scintillare un fuoco in lontananza nel crepuscolo azzurro ed è la luna di febbraio che cala fra i mandorli già fioriti della valle di Oliena.