Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 771
Dalle travi pendevano grappoli d'uva e di pere, sul pavimento si stendevano le mandorle dorate e i pomi di terra ancora gialli come mele: e c'era anche il pane, nei canestri; il pane grigio d'orzo per l'ovile, il pane scuro per la serva, il pane bianco per lei; e la farina e la pasta, e i legumi e tutte le provviste che occorrono in una casa per bene: nulla mancava: e in un angolo, tra i due finestrini, c'era infine il giaciglio della serva, un lettino basso di legno tarlato con una rozza coperta di lana grigia e nera che pareva la pelle di una tigre.
p. 771
Marianna ci si sedette sopra, ricordando tante cose. L'aria fragrante passava da un finestrino all'altro, e si vedeva il cielo azzurro sopra l'Orthobene, con una nuvoletta rossa come un fiore.
p. 772
Ora io non ti so dire bene com'è accaduto; ma una sera ecco, una sera di festa, il padrone tornò a casa, col suo bastone, e si mise a letto senza cenare; forse aveva bevuto: in coscienza mia non lo posso affermare, ma forse aveva bevuto. Noi donne stavamo in cucina; il servo dava da mangiare ai cavalli quando ecco lo vedemmo entrare con gli occhi grandi spaventati gridando:«Madre mia, padrona mia, che paura! Che paura!» e subito fuggì su per una scaletta a piuoli che dava in un soppalco sopra la cucina: e io dietro di lui, coi capelli dritti per il terrore, sebbene non sapessi di che si trattava. Ed egli fu svelto a tirar su la scaletta, e l'appoggiò al muro, salì, sfondò il tetto e sparve. Io ero caduta sul soppalco, e da una fessura vedevo la cosa orribile che succedeva in cucina: un mucchio di uomini mascherati, che sembravano orchi, vi si era precipitato, e tre di essi avevano preso la mia padrona e uno di essi aveva una scure! Gli altri andarono subito nell'andito e di là salirono nelle camere di sopra: si sentivano i loro passi come quelli di demoni sfrenati usciti dall'inferno. Hai capito che era una banda di grassatori? Erano molti, forse trenta, forse più: il servo, sul tetto, gridava chiamando aiuto, ma nessuno osava mostrarsi per paura di buscarsi una fucilata dai malfattori. In pochi minuti essi uccisero il padrone, presero tutte le cose preziose; e non erano contenti: quello che aveva la scure e i due altri conducevano qua e là la padrona, trascinandola come morta, perché indicasse loro i nascondigli del denaro. Di fuori risuonarono due fucilate; erano i vicini di casa che cercavano di spaventare i grassatori; ma alcuni di questi, rimasti a guardia nel cortile, gridavano a quelli di dentro: «coraggio e avanti!» e tutta la casa era sottosopra come per il terremoto.
p. 772
E aveva paura, Marianna, aveva paura di tutto, della serva in agguato al finestrino, dei rumori di fuori, e sopratutto se non si sentivano ma dovevano da un momento all'altro risuonare; degli oggetti che si intravedevano in fondo alla soffitta, dei grappoli neri che pendevano come teste scarmigliate dalle travi oblique: aveva paura di tutto, eppure la sua paura le piaceva e di giorno, quando si annoiava od era costretta a stare ad occhi bassi sospesa davanti allo zio, pensava con gioia alle ore della notte, alla vita misteriosa della soffitta, ai racconti della serva.
p. 772
- Racconta, racconta! Quando eri là, in casa dei tuoi padroni... allora? Allora?... Racconta o salto giù, - diceva agitando la coperta, quando Fidela tornava a letto.
- Allora... aspetta... cosa dicevo? Ma sta ferma, cavalletta! - Ricomincia da principio: tienimi i piedi, Fidela!