Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 767
Le trecce disfatte le scivolarono come serpentelli neri dagli omeri cadenti al petto bianco venato di viola; le rigettò indietro con una mano mentre con l'altra stette un po' ad accarezzarsi il piede arcuato dal calcagno roseo; ma d'un tratto arrossì, balzò di nuovo accanto alla finestra e cominciò a riattorcersi i capelli e a lisciarli bene sulla fronte in modo che gliela fasciarono come di una benda di velluto nero segnata appena dalla linea bianca della scriminatura.
p. 767
La finestruola bassa, di quattro piccoli vetri guardava dietro la casa, sopra orticelli e casupole nere al di là delle quali s'alzavano sull'orizzonte chiaro le cime rocciose dell'Orthobene.
p. 768
Attraverso l'inferriata della finestra tremolavano i ciuffi di canne dell'orticello e più in là fra i cespugli di rose bianche brillanti di rugiada e piccoli ciliegi coperti di frutti che sembravano nacchere di corallo, un pettirosso svolazzava, gittando il suo allegro grido di richiamo.
p. 768
Ma di là dell'orticello, nel vicolo che lo rasentava e sboccava nella strada davanti alla casa, risuonò un passo di cavallo: la canna di un fucile e la cima di una berretta sfiorarono il muro: ella riconobbe Sebastiano e di nuovo l'impressione della realtà la fece arrossire.
p. 768
Attraverso l'inferriata della finestra tremolavano i ciuffi di canne dell'orticello e più in là fra i cespugli di rose bianche brillanti di rugiada e piccoli ciliegi coperti di frutti che sembravano nacchere di corallo, un pettirosso svolazzava, gittando il suo allegro grido di richiamo.