Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 748
- Avevo dieci anni, ma lui mi parlava come ad un uomo fatto. Mi diceva: «Simone, uomini bisogna essere, non lepri». E mi spingeva giù a precipizio per qualche china, a rischio di rompermi le ossa, per insegnarmi a saltare agile, a salvarmi in caso di inseguimento. Una volta mi portò addirittura in un burrone e mi ci lasciò in fondo. Lui era a cavallo e presto fu in alto.
pp. 748-749
E così mi è passata la fanciullezza. Pensavo di andare a rubare per far ricca la famiglia; ma avrei voluto rubare molto, molto, non un agnello o un bue. Fare qualche bardana, sì, andare nella casa magari del mio padrino e rubargli il tesoro; non un agnello come l'aquila o la faina.
p. 749
Pensavo di andare a rubare per far ricca la famiglia; ma avrei voluto rubare molto, molto, non un agnello o un bue. Fare qualche bardana, sì, andare nella casa magari del mio padrino e rubargli il tesoro; non un agnello come l'aquila o la faina. Ma dov'erano i compagni per la bardana? Passati quei tempi, Marianna mia! Il malanno è che andavo a raccontare a tutti queste cose: e mi feci una mala fama, e fui tenuto d'occhio, e sorvegliato e spiato, io che non facevo male ad una mosca. E quando tornavo a casa, mia madre mi guardava triste e mio padre mi predicava dalla stuoia con la voce che pareva venire di sotto terra.
p. 749
E quando tornavo a casa, mia madre mi guardava triste e mio padre mi predicava dalla stuoia con la voce che pareva venire di sotto terra. Io glielo dicevo: «padre, siete un morto vivo; siete così, seppellito senza terra perché non avete mai avuto forza e coraggio, perché siete vissuto come una lepre nel suo nido».
p. 749
A che ero buono io, se non riuscivo ad alleviare la vita grama della mia famiglia? Quella notte dovevo tornare qui all'ovile e invece me ne andai ai monti di Orgosolo.