Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
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Marianna sentì il suo cuore sbattersi, dentro, come un uccello che si desta nella sua gabbia: aveva capito; ma volle saper meglio.
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Verso sera s'aggirò un po' di qua e di là nel prato, assistendo al rientrare delle vacche dal pascolo. L'erba folta, nel silenzio sereno della tanca, vibrava tutta di canti di grilli e i più piccoli rumori avevano un'eco profonda.
Ella credeva sempre di sentire un passo in lontananza. Andò un poco oltre il boschetto di elci, fino ad un'altura dalla quale si dominava il sentiero; non era stata mai così lontana, sola, di sera. Si domandò il perché di tanto ardire. La risposta le venne sincera dal cuore: sperava d'incontrare Simone. Ed ebbe vergogna e tornò indietro.
Dopo cena sedette, come faceva ogni sera, davanti alla porta della sua stanzetta. Il padre e il servo dormivano già, nella cucina, e tutto era silenzio, luccichio di stelle, canti di grilli, intorno a lei; la luna tramontò, ella rimase ancora
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Ripiegata su se stessa le pareva di aver vinto le sue fantasie, di vergognarsi ancora della sua piccola passeggiata serotina; e si toccava lievemente le dita fredde per contare i giorni che ancora le rimanevano per tornare alla sua casa di Nuoro: ma questo pensiero le dava un senso di gelo; le pareva di pensare ad una prigione.
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Con sorpresa si accorse che i cani, sebbene l'uomo passasse sotto la quercia, non s'inquietavano: ed egli s'avvicinò alla porta socchiusa della cucina, guardò, vide i pastori addormentati e andò dritto a lei.
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Solo alla vigilia del ritorno di Marianna a Nuoro s'attardò insolitamente con lei sotto l'albero della radura. Pareva volesse dirle qualche cosa, finalmente, ma non trovasse le parole.