Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 426
Si vedevano infatti in lontananza, tra il verde delle macchie, lui alto e verdognolo, lei piccola e nera, tutti e due con in mano le secchie scintillanti che di tanto in tanto si toccavano e di cui l'acqua, traboccando, si mischiava e sgocciolava.
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Entrando nel recinto rivide la solita scena: le sue dame sedevano sulla panchina con le mani in grembo, Kallina filava, coi piedi nudi entro le scarpette a nastri; nell'interno delle capanne le donne sedute per terra bevevano il caffè, cullavano i bimbi, e sull'alto del belvedere, sullo sfondo del cielo dorato, la figura nera di prete Paskale salutava col fazzoletto turchino.
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Grixenda corse lei a chiamare il servo, gli si fregò addosso come una gattina, gli diede da baciare il bambino.
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Prese un po' d'acqua con le dita, e gliela buttò sul viso, senza ch'egli cessasse di sorriderle con gli occhi dolci pieni di desiderio, mostrandole fra le labbra rosee i denti bianchi quasi volesse morderla.
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Fuori Giacinto s'era messo a sedere a gambe aperte, e vi dondolava in mezzo le mani, ascoltando Kallina che lo invitava a mangiare con lei le fave cotte col latte: parlavano piano, come di cosa grave, ma donna Ruth si affacciò alla porticina con in mano una coscia d'agnello bianca di grasso col rognone violetto coperto dal velo, e interruppe il colloquio.