Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 731
E gira di qua, gira di là, non troppo lontano per non smarrirsi, aveva trovato un nascondiglio, una pietra scavata come una culla, e vi si era messa dentro, tutta contenta di essere sola, padrona di tutto, ma nascosta a tutto: e le pareva di essere come il nocciolo dentro il frutto, come l'uccellino dentro l'uovo.
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Pareva un frate travestito da pastore, un eremita mansueto dai grandi occhi castanei ancora innocenti.
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Nulla le mancava: eppure ripiegata su se stessa, si guardava dentro, con piena coscienza di sé, e vedeva un crepuscolo, sereno, sì, ma crepuscolo: rosso e grigio, grigio e rosso e solitario come il crepuscolo della tanca.
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Del resto il padre, sebbene avesse per lei un'ammirazione muta e un attaccamento di servo fedele, non era uomo da intenderla: ecco che si avanza, piccolo, curvo, con le mani giunte, la grossa testa calva come tirata in giù sul petto dalla lunga barba grigia a riccioli.
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Ecco che anche lui arrivava: era a cavallo; indossava il cappottino da lutto dei vedovi, e il velluto nero del giubbone faceva risaltare anche da lontano il pallore giallognolo del suo viso scarno circondato da una rada barbetta scura a punta.