Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 129
laquo;Ecco, ecco, io lascio il seminario; c'è la scusa che mio fratello è morto, che in casa adesso si ha bisogno di me. La gente chiacchiererà un poco, ma di che cosa la gente non chiacchiera? Fra un anno nessuno dirà più nulla e allora!...»
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- Che cosa vuoi che ti dica? Oramai è troppo tardi, Maddalena, - mormorò.
- No, non è tardi, non è tardi!
- È tardi, ti dico: lo scandalo sarebbe enorme; mi direbbero pazzo.
- Ah, - diss'ella con amarezza, - e per le male lingue del mondo tu non ascolti la tua coscienza?
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In casa sua fecero festa come per nozze: parenti e amici gli portarono doni come ad uno sposo; si sgozzarono pecore e agnelli, si fece banchetto, si cantò improvvisando versi per il giovane sacerdote.
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- Che hai, agnellino mio?, - chiese zia Annedda, chinandosi sul piccino. - Sonno hai?
Il bambino scosse la testa; i suoi occhioni glauchi erano tristi. Zia Annedda andò e prese con due dita un dolce di pasta di miele in forma d'uccellino, e chinandosi di nuovo sul nipotino glielo porse.
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Zia Annedda andò e prese con due dita un dolce di pasta di miele in forma d'uccellino, e chinandosi di nuovo sul nipotino glielo porse.
- Prendi; ecco l'uccellino; non addormentarti, sai.
Il bimbo prese il dolce svogliatamente, senza sollevar la testa dal petto del nonno, e accostò alle labbra il becco dell'uccellino, ma non lo mangiò.
- Hai sonno?, - chiese zio Portolu, guardandolo. - Non hai dormito, stanotte, uccellino mio? Su, scuotiti, ascolta che belle canzoni! Quando sarai grande anche tu canterai così. Ti porterò a cavallo alla tanca e canteremo assieme.