Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 93
Infatti frequentava l'ovile un ragazzino, figlio d'un pastore vicino, gente molto povera. Era un po' scemo, ma buono, lacero, così magro e nero che sembrava una statuina di bronzo.
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Uscirono, un momento che la straducola era deserta, e scesero nelle vie dove Nuoro assume aspetto di piccola città: le donne procedevano un po' timidamente, tentando di cambiar passo, paurose d'esser riconosciute, soffocando sotto la maschera di cera le loro risate di gioia puerili.
p. 94
E gli uomini andavano rozzamente avanti, quasi ad aprir la strada alle compagne: di tanto in tanto Pietro emetteva un grido selvaggio, gutturale, allungando il collo come un galletto.
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Maddalena e le amiche vestivano da gatte, indossavano cioè gonnelle scure, una allacciata alla vita, l'altra al collo, e avevano la testa imbacuccata con uno scialle; gli uomini erano mascherati da turchi, con larghe sottane bianche strette ai ginocchi, e corsetti femminili, di broccato a vivi colori, messi all'inverso, allacciati dietro e con la parte del dorso sul petto.
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Gli pareva che tutta quella gente che camminava parlava e rideva fosse felice, anzi ubriaca di felicità, ed anche lui si abbandonava senza scrupolo alla follia dei suoi desideri, ad un irresistibile bisogno di gioia e di piacere.