Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 421
S'alzò a sedere cingendosi le ginocchia con le braccia e si fece un po' pregare prima di prendere la zucca arabescata piena di vino giallo che il servo gli porgeva. Infine bevette: era un vino dolce e profumato come l'ambra e a berlo così, dalla bocca stretta della zucca, dava quasi un senso di voluttà.
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Efix guardava, inginocchiato come in adorazione: bevette anche lui e sentì voglia di piangere.
Le api si posarono sulla zucca; Giacinto strappò di mezzo alle sue gambe sollevate uno stelo d'avena, e guardando per terra domandò:
- Come vivono le mie zie?
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Era giunto il momento delle confidenze. Efix sporse la zucca di qui e di là, a destra e a sinistra.
- Guardi, vossignoria, fin dove arriva l'occhio la valle era della sua famiglia. Gente forte, era! Adesso non resta che questo poderetto, ma è come il cuore che batte anche nel petto dei vecchi. Si vive di questo.
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Fra una canna e l'altra sopra la collina le nuvole di maggio passavano bianche e tenere come veli di donna; egli guardava il cielo d'un azzurro struggente e gli pareva d'esser coricato su un bel letto dalle coltri di seta.
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- Lo sappiamo, sì, che diavolo di mondo è quello! Ma qui è diverso: si può anche far fortuna. Le racconterò come ha fatto il Milese... Un giorno arrivò come un uccello che non ha nido...