Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
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La valle selvaggia dell'Isalle era coperta di erbe e di fiori; sul sentiero roccioso spiovevano, come grandi lampade accese, le ginestre d'oro giallo.
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Il fresco Orthobene, colorato del verde dei boschi, dell'oro delle ginestre, del rosso fiore del musco, si allontanava alle spalle dei viandanti, sullo sfondo perlato dell'orizzonte.
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Era una domenica, ai primi di maggio. Tutto era pronto entro le bisaccie di lana; e qua e là per le vie si vedeva qualche carro carico di attrezzi e provviste, coi buoi aggiogati per la partenza.
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Elias, con zia Annedda in groppa ad una mansueta cavalla balzana, era fra gli ultimi: un puledrino, figlio della cavalla, poco più grande d'un cane, li seguiva da vicino
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Il priore, un paesano ancor giovane, con la barba quasi bionda, montava un bel cavallo grigio, e portava lo stendardo e la nicchia: seguivano altri paesani, con donne in groppa ai cavalli; donne che cavalcavano da sole, donne a piedi, fanciulli, carri, cani. Ciascuno però viaggiava per conto suo, chi più in là, chi più in qua della strada.