Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 24
Dietro gli orti, dietro lo stradale, in lontananza, si sentiva uno scampanio argentino di pecore al pascolo; veniva nell'aria un aspro profumo d'erba fresca.
p. 24
- Basta, ora è tutto passato: ora i tuoi figli sembrano davvero dei colombi, come dice Berte tuo marito. Basta che fra loro regni sempre la concordia, l'amore...
p. 24
- Voi avete ragione; io ho sperimentato la vita; non che meritassi la disgrazia che ho avuto, perché, voi lo sapete, io ero innocente, ma perché il Signore non paga il sabato. Sono stato cattivo figliolo, e Dio mi ha punito, mi ha fatto invecchiare innanzi tempo. I cattivi compagni mi avevano traviato, ed è perché praticavo con male compagnie che sono stato travolto in quella disgrazia.
p. 26
Il Signore ha istituito il matrimonio perché si uniscano santamente un uomo e una donna, non già un ricco e una ricca, o un povero e una povera.
p. 26
Eppure non sono mai stato ammalato; solo una volta ho avuto una colica tremenda, e mi pareva di morire, "Santu Franziscu mio", dissi allora, "fatemi uscire da quest'orrore, e la prima cosa che farò, tornando in libertà, sarà di venire alla vostra chiesa e portarvi un cero."
- Santu Franziscu bellu! -, esclamò zia Annedda, giungendo le mani. - Noi ci andremo, noi ci andremo, figlio mio! Che tu sii benedetto, tu ripiglierai le tue forze, non dubitarne. Noi andremo a far la novena a San Francesco: e Pietro verrà alla festa e porterà in groppa al suo cavallo la fidanzata.