Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 17
Seduti che tutti furono in cucina, mentre zia Annedda versava da bere, zio Portolu s'impadronì di Jacu Farre, un suo parente, un bell'uomo rosso e grasso che respirava lentamente, e non lo lasciò più in pace.
p. 17
Anche le vicine aspettavano il ritorno del prigioniero, ritte sulle loro porticine o sedute sui rozzi sedili di pietra addossati al muro: il gatto di zia Annedda contemplava dalla finestra.
p. 18
Non gli mancherà la raccolta. È un fiore, Prededdu mio. Ah, i miei figli! Come i miei figli non ce ne sono altri a Nuoro.
p. 18
- È un po'... qui; non sente bene, infine, ma una donna! Una donna buona! Fa il fatto suo, mia moglie, altro che fa il fatto suo! E donna di coscienza, poi! Ah, come lei...
- Non ce n'è altra in Nuoro!
p. 18
- Beviamo! Alla salute di tutti! E tu, moglie mia, femminuccia, non aver più paura di nulla: saremo come leoni, ora, non ci toccherà più neanche una mosca.