Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 369
Se io ho l'odio in cuore vedo il mio nemico col viso nero come l'ho io che ho la fisionomia del demonio; e se ho l'amore vedo bello anche il nemico che ha il coltello nel pugno...
p. 369
- Ascoltami, Jorgeddu, è più facile dire: «non mi sono sbagliato», che riconoscere il contrario. Anche tu, che studiavi legge e sapevi molte lingue, ti sei sbagliato quando mi hai ritenuto un uomo ignorante e di cattivo cuore. Ignorante, sì, ma non idiota; superbo, sì, ma non di cattivo animo.
p. 371
Basta, poiché prete Defraja insisteva, misi la sella al cavallo e partii; trovai l'uomo lassù, nell'ovile di Innassiu, buttato in un angolo come un cinghiale ferito; aveva la febbre e delirava raccontando come entrò in casa mia, come rubò, come nascose i denari; e parlava di te, e ti rivolgeva la parola, chiamandoti come un bambino, domandando perdono.
p. 372
Ma egli si vantava di non aver pianto neanche da bambino; vinse quindi il suo turbamento, mentre stendeva la mano, tenendola alquanto sospesa su quella di Jorgj, quasi per assicurarsi prima se questa era disposta alla stretta: finalmente la posò, nera e ancora potente, su quella piccola mano cerea che non andava incontro ma neppure sfuggiva a quell'atto di pace.
p. 373
Si alzò appoggiandosi con una mano al bastone, e rimettendo l'altra su quella di Jorgj: ma adesso la diafana mano si volse e afferrò la mano nera ancora potente: i limpidi occhi che il dolore rendeva più vividi cercarono quelli del vecchio e parvero voler afferrare l'anima di lui come la mano afferrava la mano.