Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 364
Ella filava, e la sua conocchia gonfia di lino sembrava una testa bionda da cui le agili dita di lei traevano un filo interminabile dorato come quello di un sogno.
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La stanzetta non aveva nulla di particolare; ma la lampadina di ferro a tre becchi, appesa alla parete sopra il tavolinetto, pareva un uccello nero con una fiammella per lingua; e l'ombra che si spandeva sul muro, e le figure delle due donne, pallida e triste quella di Margherita, tragica e nervosa quella di zia Martina le cui sopracciglia si movevano di continuo e le cui dita adunche correvan sulle carte come zampe di aquila, davano alla scena alcunché di satanico. Pretu provò un senso di paura e di piacere.
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- Il gioco è buono, - diceva zia Martina. - Non aver timore, tortorella! Egli ti sposerà!
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Pretu, col viso ansioso sull'apertura della porticina, socchiusa, aveva già veduto Margherita e la fattucchiera ferme davanti a un tavolinetto coperto da un fazzoletto nero sul quale zia Martina disponeva in semicerchio un mazzo di carte da gioco.
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Su proposta di Lia un gruppo di esse partì per andare a bagnarsi i piedi alla sorgente ed a cogliere l'alloro e il timo sull'orlo della valle: altre si ritirarono; zia Giuseppa rimase sola sulla sua panchina, col recipiente del latte accanto e col pensiero di Jorgj in mente.