Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
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- Mangiate, ziu Jò, io poi andrò a cogliere l'alloro e i fiori di San Giovanni ed a bagnarmi i piedi nella sorgente. Vi porterò un po' d'acqua: su, mangiate, ripasserò prima di andare al bosco; su, sorge la luna lucente e bella come un viso di sposa. Ecco la vostra zuppa.
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Pretu balzava su per la scalinata del Municipio come un piccolo muflone; nella piazza raggiunse il prete che se ne tornava a casa nero e lieve come un'ombra, gli baciò lamano, vide zia Giuseppa e Lia sedute sul patiu intente anch'esse a chiacchierare con altre donne.
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La luna ancora bassa sopra i monti al di là della vallata illuminava la piazza con un chiarore dorato di lume lontano; metà della valle rimaneva oscura mentre l'altra metà era tutta argentea, e d'argento azzurrognolo parevano le montagne spiegate come grandi ale al di qua e al di là dell'Orthobene coperto d'ombra.
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Tutta la casa dava l'idea d'un nuraghe, e non mancava il patiu, come davanti alla casa di zia Giuseppa Fiore, cioè una specie di cortiletto sollevato, dove Pretu vide Simona, la figlia cieca di zia Martina, che filava e pregava.
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La cieca filava sorridendo al filo d'oro che scorreva fra le sue dita: i suoi grandi occhi neri, sotto le folte sopracciglia arcuate, parevano sani.