Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 330
Io ho visitato il palazzo ducale di Mantova cinque anni or sono. Sì, proprio cinque anni or sono; cosa crede, ch'io sia giovane? Son vecchia, prete Defrà: se no, non mi farei accompagnare da un uomo pericoloso come lei!
p. 331
Meglio non far nulla; meglio restare immobili come il nostro Jorgj Nieddu: egli solo è il forte: noi andiamo, andiamo, giriamo come farfalline intorno al lume, cadiamo con le ali bruciate..
p. 332
Porse una busta al malato, ed egli ne trasse il ritratto di lei, su un cartoncino oblungo; i capelli sfumavano su uno sfondo tenebroso, ma avevano qua e là qualche riflesso bianco: una collana sarda di argento brunito, fatta di rosette, di simboli, col pesce, la colomba, la spada, l'uomo a cavallo, le circondava il collo nudo.
p. 333
Sollevò la fotografia ed ella lesse sul margine bianco: Nessuno ti amerà dell'amor mio, e non seppe perché, ella che era sana e fortunata, che poteva andarsene per il mondo lieta e lieve come l'allodola su pei cieli, ebbe invidia del suo povero amico malato.
p. 335
Seppi che frequentava un ovile nei dintorni di San Francesco e andai a cercarlo fin là: vedendomi allibì e cercò di sfuggirmi ancora,ma io lo indussi a seguirmi fino al mio ovile; là lo legai come un cane e minacciai di andare a chiamare i carabinieri se non mi raccontava come erano andate le cose.