Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 313
Tenendosi coi denti il fazzoletto che il vento voleva portarle via, prese la legna, rientrò e chiuse; ma l'odore la seguiva, ed egli era lì, davanti a lei, piccolo e cereo in viso come un bambino morto, immobile sul suo letto tutto bianco in fondo alla stamberga nera.
p. 313
Egli dormiva con la testa avvolta in un fazzoletto bianco; il suo viso era ancora più bianco del fazzoletto, e i capelli neri divisi sulla fronte, il cerchio violetto delle palpebre, l'ombra sopra il labbro superiore si vedevano da lontano.
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Il cane mugolava di tanto in tanto, altri cani rispondevano, e il vento nella valle pareva l'eco di questi lamenti irrequieti.
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Dalla porta vide la figurina nera di lui scender la strada rasentando il muro: il vento rapiva un po' di scintille dalla tegola; i cani urlavano nelle tenebre come anime infernali.
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laquo;Jorgj morrà; ecco perché il vento sibila e i cani gemono. Madonna mia del Consolo, egli s'è ammalato per colpa mia e una straniera bada a lui... una che non lo conosceva,che non lo ha veduto ragazzo, che non ha ballato con lui!...»