Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 306
Questo carnevale scorso mi mascherai con una delle nostre serve, che aveva per bauta una pelle di lepre: ma un bel momento tutti i monelli ci furono appresso e un paesano cominciò a molestarci; allora la serva si strappò dal viso la pelle di lepre e gliela cacciò in bocca e tutto il pelo gli andò in gola, di modo che si dovette chiamare il medico perché al malcapitato veniva un accidente.
p. 306
D'altronde io son contenta di questo, perché non voglio che agli uomini seri del mio paese, ai nobili che vanno ancora con l'aratro, od ai ricchi proprietari di vacche, salti in testa l'idea di volermi sposare.
p. 306
Al mio paese, poi, ho tutta una coorte di adoratori; tutti piccoli mascalzoni, però, ragazzetti discoli, studentelli, il barbiere, il postino, persino un piccolo mercante di pelli di capretto: ma tutti molto giovani, sa, dai sedici ai diciannove anni.
p. 306
Essi adorano in me il mondo che sognano: Roma, le spiagge di moda, la vita fantastica dei potenti della terra!
p. 307
Il dottore entrò, sbuffante, già in costume estivo (per lui non esisteva la mezza stagione): larghi calzoni bianchi, giacca di alpaga nera svolazzante, cappellino di paglia con nastro tricolore. Sembrava quasi giovane e i suoi occhi erano d'un azzurro primaverile.