Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 284
- Ora dovete sapere che egli, il mio padrone, è forse e senza forse il miglior tiratore di tutta la Sardegna. Egli vede un cinghiale che scappa? Dice: «lo voglio ferire sotto l'orecchio»; e spara, e anche se il cinghiale è dietro un cespuglio la palla lo ferisce sotto l'orecchio. Una volta, vi racconterò...
p. 285
- È vero, ho veduto io il vetturale. A me nessuno ha mandato una coscia di capra....
- Quando si sposa sorella mia vi daremo tutta la carne che vorrete. Ammazzeremo tre vacche e dieci capre, e distribuiremo la carne ai buoni amici ed ai buoni vicini.
p. 286
Il nonno era partito, le donne s'erano ritirate, in lontananza s'udivano i canti e le grida degli ubbriachi che avevan festeggiato la Pasqua bevendo come otri: coppie di amici (in quel giorno tutti erano amici e compari) passavano ancora nella straducola, sostenendosi a vicenda, chiamandosi scambievolmente frate meu e accomodandosi sul capo la berretta che non voleva star ferma.
p. 286
- È il terzo regalo che riceviamo, - cominciò, facendo scorrere da una mano all'altra l'arancia gialla e pesante che Columba gli aveva dato.
p. 287
Oggi arriva un altro regalo e un'altra lettera; egli rideva e piangeva, leggendola; è allegro come un uccellino quando sta per volare; pare che si debba muovere e guarire; è persino rosso in faccia.