Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 279
Davanti al Municipio s'aggruppavano molti paesani, decifrando un avviso applicato alla porta; uno di essi, un pastore che aveva un tempo fatto la corte a Columba, raccolse alcuni granelli di sabbione e li buttò in aria come si usa coi grani del frumento quando passa una sposa per augurarle abbondanza.
p. 279
Una strana gelosia le pungeva il cuore, le dava l'insonnia; immobile sul suo materasso di lana dura come il crine, guardava con occhi spalancati il chiarore grigiastro della piccola finestra e cercava di scacciare il molesto pensiero, ma non poteva, non poteva...
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Alcune donne aspettavano d'essere ricevute dal Commissario per domandargli la revoca di un editto col quale egli proibiva che nelle strade del paese si lasciassero liberi, come per lo innanzi, maiali, capre, asini ed agnelli; una di loro, una vedova imponente dal forte profilo maschio, con la testa avvolta da una benda e con un rotolo di carta in mano come nei ritratti della grande Eleonora d'Arborea, diceva con sussiego ironico:
«Se missignoria il Commissario terrà l'ordine che non passino animali, nella strada non si vedrà più nessuno».
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Anche là seduti sulle panche sucide alcuni postulanti aspettavano il loro turno, rigidi nei loro cappottini neri d'orbace dalle maniche strette; parevano compresi dal rispetto del luogo, ma quando videro Columba la salutarono con un rozzo cenno del capo, da sotto in su, e un vecchio le domandò:
- E che fai qui, Columba?
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Di lassù si vedeva la parte occidentale del paese, la chiesa nera e grigia fra le roccie, lo sfondo del paesaggio chiuso dalla linea dell'altipiano: la luce del mattino coloriva d'azzurro tutte le cose, il sole dorava i vetri delle finestruole, e in una di queste, in una casupola nera sgretolata, si sporgeva una bella fanciulla in corsetto di panno giallo: tale un ranuncolo fiorente sul muro di una rovina.