Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 277
Li misurava lei, mentre suo marito prendeva un grappolo di bottoni, li pesava sul palmo della sua mano e diceva:
- Scommetto che valgono quanto un branco di pecore!
p. 277
In quei tempi, quando avevo le ginocchia svelte e giravo, incontrai un pastore di Dorgali che mi raccontava i fatti suoi.
p. 278
Egli dunque s'era sposato, poco tempo prima, e per «donare» la sposa aveva venduto il suo gregge. Sì, cento pecore aveva, cento ne vendette; e comprò i gingilli, ed ecco che non aveva più gregge, e due giorni dopo le nozze la sposa gli disse: «bello mio, perché non vai all'ovile a guardare il tuo gregge?» Egli rispose: «bella mia, il nostro gregge è dentro la tua cassa!" Ma la sposa non era una sciocca: vendettero i gingilli e ricomprarono il gregge!».
p. 278
Il fidanzato diventò rosso per il piacere, mentre Columba, riabbassati gli occhi, tornava a misurarsi gli anelli cercando i più stretti e Banna contava i bottoni.
p. 279
Era un mattino luminoso, senza vento, senza nuvole; i gridi degli uccelli vibravano nell'aria pura e in lontananza s'udivano passi di cavalli, belati di capre, l'abbaiare dei cani: tutto era chiaro e tranquillo e anche Columba si sentiva quasi felice.