Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 275
- È grassa, adesso; pare gravida.
- Sì, lo è, - rispose Zuampredu pensieroso. - Perciò ho camminato piano; non voglio che perda il puledro come l'anno scorso.
p. 275
- Una volta io ho avuto una giumenta che quando era in quello stato voleva sempre camminare, - rispose il vecchio; e mentre Columba aiutata da Banna apparecchiava la tavola i due uomini parlarono di cavalli e di vacche come se null'altro esistesse al mondo...
p. 276
- Sì, ti dico, Zuampredu Cannas, una volta m'era venuta in mente l'idea di comprar cavalli e di rivenderli: tutti mi portavano a vedere le loro bestie e tutti cercavano d'ingannarmi. E uno non tinse il suo cavallo canuto, come fanno certe donne coi loro capelli, a quel che ho sentito raccontare?... Rido ancora pensandoci. No, figlio mio, ognuno deve fare il suo mestiere; ognuno deve calzare le scarpe che van bene al suo piede...
p. 276
Banna, che lo seguiva, lo urtò alle spalle, ma Zuampredu si alzò felice e timido, per prender la bisaccia piccola, quella che sembrava di seta ricamata; la mise sopra una sedia e ne trasse un cofanetto d'asfodelo legato entro un fazzoletto rosso.
p. 277
Dapprima furono due bottoni in filigrana d'oro, simili a due fragole gialle unite fra loro da un nastrino verde; poi altri bottoni in argento per le maniche del giubboncello, spille, un rosario di madreperla con una medaglia bizantina applicata sopra una croce d'oro; una collana di corallo che sembrava fatta di goccie di sangue; infine orecchini e anelli con predas de ogu, d'un rosso pallido sfumato in avorio come i petali non ancor dischiusi della rosa, o con pietre gialle e verdi liquide e brillanti come goccie di rugiada e di miele.