Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 274
Il suo mondo interno è la distesa delle «sue» tancas coperte d'erba, di asfodelo per pascolo, di quercie sugherifere, popolate di vacche, di vitelli, di giovenchi, di servi, di cavalli, di cani; in fondo sorge il villaggio nero, con la «sua» casa, il granaio, le cucine, il cortile, l'orto.
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Senza guardarlo, come se si trattasse di un semplice ospite, ella lo aiutava a togliere le bisacce, la briglia e la sella
alla cavalla.
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Egli si vedeva già circondato di figli agili e forti come lioncini: questo era stato sempre il suo sogno, l'unico dispiacere che aveva turbato il suo primo matrimonio. È vero che anche Banna non aveva figli; sì, ma il marito di lei non era da paragonarsi a lui, Zuampredu Cannas, forte e robusto (se non agile) come un leone. E con la calma solenne del leone che va in cerca della sua leonessa smontò davanti alla casa di Columba. Eccola, adesso la vedeva bene, intera e distinta, la sua Columbedda: un po' pallida e seria, ma calma e sicura anche lei come una lionessa.
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Se avremo sei figli a ciascuno toccherà una metà di tanca e venti vacche figliate e qualche altra cosa; eppoi il patrimonio aumenterà, perché Columbedda è seria e solerte e non ha bisogno di rimettersi in mano alle serve, come
fanno tante altre.
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- Siediti, Zuampredu Cannas! Parla col cuore in mano, poiché sei in casa di gente che apprezza i tuoi meriti. La tua cavalla è collocata bene? Le hai dato da mangiare, Colù?
Volle assicurarsi coi propri occhi e uscito nel cortile palpò i fianchi della cavalla.