Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 271
- Quella scema dunque è ricorsa alla vostra medichessa, che al solito le ha fatto bere i suoi intrugli. Pare che questi le abbiano sconvolto l'anima. Tutti questi giorni la vedevo melanconica e più scema che mai. Oggi, al ritorno dalla caccia, la trovo buttata per terra, gialla, istupidita: ebbene, ottimo amico mio, sai cosa mi dice? Che ha un serpe nello stomaco!
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Egli pensava alle violette, al benefattore sconosciuto, e siccome il dottore sorrideva guardandolo ironico, finì col rivelargli la causa del suo insolito entusiasmo.
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- Lei ride, eppure è così, - riprese Jorgj, mentre Pretu rimesso il pacco sulla cassa levava di nuovo la carta rosa e faceva veder da lontano gli oggetti al dottore che scuoteva la testa di sotto in su e ridacchiava, - io sono contento. Mi pare che un ponte sia stato gettato fra l'abisso ove sto io e il mondo... Se potessi alzarmi... dottore!
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Il luogo era adatto alla sosta; poco distante sorgeva la chiesetta ove tanti anni prima eran state celebrate le paci, e qua e là nella grandiosa desolazione dell'altipiano qualche quercia circondata di querciuoli come una madre possente dà figli già grandi e forti, gettava la sua ombra sul fieno fresco e sulle macchie di ginestra coperte di granellini d'oro.
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E gli sembra di veder i cavalli legati alle quercie, Columba seduta sull'erba, il fuoco acceso fra tre pietre e uno spiedo che gira accanto alla brage.