Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 232
- Nessuno, colomba mia bianca, nessuno avrebbe potuto farteli così. Guardali; non pare che sian cuciti dalle fate? Guarda queste camicie! Non sembran nuvole? Vedi i punti del giubbone? E i soprapunti? Ne hai visti mai uguali! Se tu mi assicuri che ne hai veduto degli eguali io mi chiudo la bocca con la stoppa e non la riapro più. Ma che hai, colomba mia? Sei pallida e bianca: non ti senti bene? O sei scontenta della roba?
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- Ecco; e che tu possa indossarla con allegria fino a cento anni, - disse con accento commosso sollevando sulle sue mani scarne la gonna di sposa di Columba, di orbace nero, orlata di panno verde; dopo la gonna prese il giubbone di panno giallo soffiandovi su per togliervi qualche pelo e qualche filo; dopo il giubbone il corsettino di velluto verde e di broccato d'oro.
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Zia Martina depose la corbula sulla cassa e levò e scosse la salvietta che la copriva: apparve un mucchio di stoffe nere, verdi e gialle...
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La camera dava sulla veranda ed era vasta, bassa, con un gran letto alto e duro circondato in fondo da un volante di stoffa a quadretti bianchi e rossi; dodici sedie antiche, di noce e di paglia, annerite dal tempo, s'allineavano simmetricamente lungo le pareti tinte con la calce, tre da una parte e tre dall'altra dell'alto cassettone scuro, tre da una parte e tre dall'altra di una lunga cassa nera scolpita.
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- Morivano di vecchiaia! Quanti anni aveva Noè? E Giacobbe, ed Elia? Dillo tu, se lo sai. Arrivavano fino ai novecento anni. E dottori non ce n'erano. E certe malattie, inventate da loro, non si conoscevano, o si conoscevano col loro vero nome e si curavano; per esempio, la malattia di quello là... chi la conosceva?