Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 220
- Dio volendolo fra nove mesi: il giorno di San Francesco uscii in campagna, il giorno di San Francesco ritornerò all'ovile; ed egli mi ha sempre accompagnato in questi trent'anni, egli è stato il mio amico e il mio fratello, e mi ha sempre aiutato perché, ohé, intendiamoci, io gli ho chiesto sempre cose lecite; io vado tutti i mesi alla sua chiesa, eccola lì, la vedi? In mezzo al monte come un'agnella bianca, m'inginocchio davanti al recinto e domando quello che ho da domandare.
p. 220
- Che fai tu da queste parti?
- Ziu Innassiu! Ed io oggi v'ho cercato!
Egli sedette accanto a me: la sua gobba era la tasca, il corno il cappuccio e la scintilla il fucile.
p. 221
Uno crede di farla franca, e va e va dritto di corsa come un puledro: ed ecco a un tratto una mano che non si vede lo ferma e una voce grida: 'hai fatto questo, hai fatto quest'altro'!
p. 221
Appena mi sentii meglio me ne andai a Nuoro. C'erano le feste, ed io volevo rivivere almeno col ricordo nei giorni sereni della mia adolescenza.
p. 221
Pretu il servetto mi portava l'acqua, le provviste e i pettegolezzi del paese, dicendomi che tutti parlavano male di me: e come il ronzìo della conchiglia fa pensare al rombo del mare, le ciarle ingenue del ragazzo mi davano una vaga idea dell'onda di odio e di sospetto che mi circondava.