Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 211
La fiammata rossa e tremula pareva volesse volare intera, e non potendolo mandasse via frammenti che si perdevano nell'aria come piume d'oro.
p. 211
Mi tolsi le scarpe, mi sdraiai sull'erba: il sole cadeva già senza raggi sul cielo argenteo; il vento soffiò da occidente, dapprima lieve, poi sempre più forte, e l'erba ondulò argentea quasi volesse sfuggire spaurita mentre i cespugli si curvavano con un lieve fruscìo che sembrava un gemito di piacere.
p. 212
Ed ecco un giorno il vescovo salì su una giumenta e andò al paese come Cristo a Gerusalemme; bastarono tre o quattro sue parole perché tutti piangessero come donnicciuole e come queste facessero pace.
p. 212
- Perché ascolti volentieri Remundu Corbu, quando egli dice che io sono un poltrone. Ah, tu vuoi sposare la sua nipotina? Fai bene, molto bene, perché egli ha un malune pieno di monete, che il diavolo si porti via lui e il suo denaro.
p. 212
E il vecchio vestito di nero e col cappuccio in testa, con una lunga barba grigia divisa in due punte, un rosario in mano, sembrava un eremita. Mi parve di riconoscerlo e lo salutai.