Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
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Ma io continuavo ad amar Columba per pietà; volevo trarla dal mondo ove viveva, mi sembrava che liberando lei dalle superstizioni e dalle miserie che la circondavano avrei cominciato a liberare tutto il mio popolo.
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Intanto per continuare gli studi vendevo la mia poca roba: questo mi diminuiva agli occhi dei miei compaesani e si diceva che spendevo i denari per divertirmi. Ogni volta che tornavo in paese mi si guardava con maggiore curiosità e diffidenza
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Anche il cavallino al quale tolsi il freno perché brucasse un po' d'erba si scosse tutto, guardò il sole calante e nitrì come per annunziare ai puledri che pascolavano in lontananza che anch'esso almeno per un momento era libero.
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Balzai in piedi un po' intirizzito e cercai con gli occhi il mio cavallo, ma non lo vidi; tutto era silenzio intorno; solo si udiva il rumore lontano del torrente e la stella della sera brillava già sull'orizzonte come una scintilla dimenticata dal sole.
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Finalmente scorsi il cavallo in una piccola radura chiusa da un gruppo di macigni simile ad un castello diroccato; mentre attraversavo quel laberinto di pietre vidi un vecchio seduto davanti a un fuoco acceso in una specie di focolare scavato nella roccia.