Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 203
Sembrava un'orgia, una festa bacchica illuminata fantasticamente dai fuochi di lentischio che ardevano nel cortile e dalla luna che calava rosea sul cielo di primavera.
pp. 205-206
Dopo quest'avventura io decisi di chiedere al vecchio la mano di Columba, e siccome egli teneva molto alle usanze del paese, una domenica mattina mio padre andò in casa dei nostri vicini e sedette davanti al focolare domandando: - Remundu Corbu, io ho perduta un'agnella che formava l'onore del mio gregge. Era bianca, coi peli arricciati, morbida come la prima neve. Tu che giri per le campagne l'hai vista, per caso? per caso non s'è mischiata al tuo gregge?.
- Remundu Nieddu, nel mio gregge ci son tante agnelle, una più bella dell'altra: può darsi che la tua ci sia; bisognerebbe andare a vedere.
E così di seguito finché entrò Columba. Allora mio padre balzò in piedi e batté le mani.
- È proprio questa l'agnella che cercavo.
p. 205
- Moglie mia, non senti che egli è pronto a chiederla in matrimonio? perché ti arrabbi come un verro? Quando egli prenderà la laurea si sposeranno e così avremo un cognato notaio.
p. 206
La mia matrigna origliava alla porta dei nostri vicini, dicendomi che fra Banna e il vecchio si discuteva continuamente: la donna voleva che la domanda di matrimonio venisse respinta con sdegno, mentre il vecchio faceva le mie lodi, ma con ironia, chiamandomi già il «notaio» oppure su cusino mizadu.
p. 206
- Jorgeddu verrà accettato, - diceva con la sua voce ambigua. - Non dubitate, verrà accettato; all'avvenire il Signore penserà.