Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
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Le nozze di Banna furono celebrate a Pasqua. Io ero ritornato per qualche giorno in paese e fui invitato; per tre giorni le tavole rimasero apparecchiate e mentre zio Remundu presiedeva seduto in capo alla mensa fra due boccali di vino lo sposo andava su e giù per la casa e aiutava a sgozzare le pecore e i capretti destinati al banchetto.
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Sotto il portico ove si sgozzavano i capretti e si scorticavano le pecore, la scena aveva alcunché di rituale, simile ad un sacrifizio accompagnato da canti e danze in onoredegli sposi.
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E mi porgeva una delle pere verdi che la serva aveva portato nel piatto; ma io la respingevo con un senso di ripugnanza.
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Le donne, compresa la sposa i cui occhi sembravano più verdi nel loro cerchio di viola, erano stanche e pallide; soltanto Columba insolitamente eccitata dai suoni e dalla danza o dalle frasi degli invitati, aveva gli occhi lucenti e il viso roseo.
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Mi pareva d'essere su una montagna illuminata dalla luna, tra roccie fantastiche e tronchi d'alberi fossilizzati, e che noi tutti che formavamo il circolo del ballo tondo fossimo uomini primitivi riuniti per una danza sacra dopo la quale ciascuno di noi poteva portarsi via la sua compagna e folleggiare con lei nel paesaggio lunare, nascondendosi entro le grotte, baciandosi all'ombra delle quercie, vivendo insomma secondo il suo istinto e il suo desiderio.