Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 200
Non ero più il ragazzaccio degli anni scorsi ma uno studentello che poteva diventare qualche cosa.
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Guardatela adesso che è ragazzetta; altrimenti si sposa con qualche altro. Così, se tu diventi notaio e segretario comunale, potrete formare una famiglia ricca e rispettata.
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Allora tutto mi sembrava poetico nella casa dei miei vicini, il pozzo primitivo che ricorda la costruzione dei nuraghes, i cavalli che ruminavano il fieno estraendolo dai cestini di canna, il vecchio che li accarezzava e parlava loro come ad amici, la mola romana trainata dall'asinello, la vecchia serva che puliva la farina seduta sotto la tettoia, i ballatoi di legno, e soprattutto una specie di veranda sporgente sul cortile sopra il portico terreno.
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Di due anni più giovane di Columba io ero già alto e forte mentre lei, sottile come un asfodelo, sembrava ancora una bambina.
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Un senso di poesia barbara e un velo di leggende circondavano la casa antica ov'ella abitava: talvolta vedevo la testa medioevale del vecchio apparire nel vano delle finestruole simili a feritoie, e tutto un passato epico risorgeva davanti a me, nel silenzio intenso dei meriggi profumati dall'odore del lentischio, o nei crepuscoli interminabili quando io stanco di una realtà troppo meschina mi abbandonavo alle mie fantasticherie di adolescente.