Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 193
Alle spalle del vecchio, accoccolata sulla soglia si vedeva sua figlia Liedda, vedova anche lei precocemente invecchiata da una malattia di cuore; come sfondo alla sua figura nera dal viso cereo l'interno della cucina rosseggiava al chiarore del focolare acceso anche d'estate, e le casseruole di rame brillavan sulle pareti come lune al tramonto.
p. 193
Benché gemelle Colomba e Banna non si rassomigliavano; la prima col viso ovale bruno come un oliva, gli occhi d'un nero verdognolo seminascosti da larghe palpebre violacee, era delicata e timida, mentre Banna, robusta, scura in viso come una mulatta, con le labbra grosse, il naso aquilino dalle narici frementi, gli occhi verdastri maliziosi e felini, pareva avesse assorbito lei tutta la vitalità che mancava alla sorella.
p. 194
Io cominciai a urlare; le mie grida echeggiavano come i ruggiti del leone nel deserto: il nemico fuggì e ci lasciò tranquilli, perché credette che con me ci fossero altri venti uomini, tanto avevo gridato.
p. 194
Ah, piccole lucertole mie, quella volta sì. Dunque mia moglie venne a trovarmi. Ero nel salto de S'Ena e Melas, dove una volta abbiamo avuto il bestiame.
p. 194
La luna attraversava il cielo sopra la straducola rocciosa e le figure e il paesaggio apparivano in bianco e nero come in una nitida acquaforte, o in nero e rosso se la notte era interlunare e dalle casette usciva il chiarore del fuoco.