Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 187
La pelle del suo viso dal profilo ebreo ricorda la scorza delle quercie ed anche la folta capigliatura grigia e la lunga barba a ciocche nere e giallastre hanno qualcosa di vegetale.
p. 187
Il posto è ameno, ombroso: un boschetto di quercie circonda la chiesetta che sembra una casupola con una croce sul tetto; un ruscello scorre poco distante fra due fila di oleandri selvatici e in lontananza si vede il mare.
p. 187
Alto e rigido sul suo cavallo egli destava in me una grande ammirazione; mi sembrava più maestoso e terribile del vescovo e del prefetto.
p. 187
I paesani avevano già acceso i fuochi per preparare il pranzo; come nelle feste campestri si vedevano molti carri alla cui ombra sedevan donne e fanciulle, e mentre i buoi e i cavalli pascolavano nei prati i cani saltellavano intorno alle bisacce colme di provviste e gli uomini sgozzavano gli agnelli per il banchetto.
p. 187
Una donna magra e gialla, vestita di nero (quella che doveva diventare la mia matrigna), mi tirò giù dal cavallo e mi condusse in chiesa.