Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 183
Un giorno, era ai primi di aprile e il tempo s'era di nuovo rasserenato, Pretu arrivò saltellando su dal sentiero del ciglione e portò a Jorgj due violette umide, pallide e profumate. Un tremito agitò le povere mani dello studente: egli si portò le violette alle labbra, chiuse gli occhi, e le sue lagrime bagnarono i piccoli petali che rappresentano la primavera, la poesia, tutte le cose belle della vita che non gli appartenevano più!
p. 184
L'uomo di queste montagne è ancora un primitivo e se gli riesce di rubare una capra e di mangiarsela coi suoi compagni o con la sua famigliuola se ne compiace come di una piccola impresa andata bene. Anche a lui, il giorno prima o la settimana prima, è stato rubato un capretto: perché non dovrebbe rifarsi?
pp. 184-185
Il paesetto ove son nato è quasi esclusivamente dedito alla pastorizia […] La famiglia di costui si vendicò; l'odio si propagò di famiglia in famiglia come una mala radice; e furono anni terribili di continue vendette e di morte.
p. 184
L'inimicizia nacque appunto tra due famiglie per un diritto di passaggio in una tanca.
p. 185
Il vescovo, il prefetto della provincia ed altre autorità accompagnate da un numeroso seguito di borghesi e di paesani, di donne e di fanciulli, cavalcavano attraverso l'altipiano che divide il villaggio di Tibi dal villaggio di Oronou.