Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 177
Caro mio, da giovane io pensavo di raddrizzar le gambe ai cani, e la superstizione, l'ignoranza, l'infingardaggine mi sembravano le tre gambe storte dell'animale uomo: la quarta, l'astuzia, quella che giusto proviene dall'istinto di
conservazione, quella sola mi sembrava ancora dritta...
p. 177
Il cielo era azzurro e i colombi selvatici passavano sul mio capo ed io pensavo: «mi infischio di voi: passate pure, non vi prendo».
p. 177
Anzi, dirò di più: sorridevo nel vederli passare, appunto come il bambino stupido che dalla sua culla sorride agli uccelli e alle nuvole.
p. 177
La lingua era gialla, screpolata, ed egli scrisse una ricetta e la porse a Pretu: - Scarafaggio, marcia...
p. 177
- Hai fatto bene ad aprire quella lì! Senti, hai fatto benone! Ti permetto di bere una bottiglia di vino di Oliena: anzi te la manderò io!