Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 174
Essi lo odiavano perché ai suoi tempi egli li aveva chiamati poltroni e superstiziosi, e adesso, se tentavano di entrare nella sua stamberga per curiosare, li cacciava via come cani.
p. 174
- Dàllo a me quel latte: non senti che tosse che ho? Lo farò bollire con la malva...
p. 174
- Dàllo a me quel latte: non senti che tosse che ho? Lo farò bollire con la malva... Il tuo padrone parla male del paese, ma i denari li accumula, la casa se l'ha fatta, le vacche le ha comprate, che una palla gli trapassi il garetto!
p. 174
Tutte le mattine Margherita la serva del dottore, un'adolescente alta e magra, dal viso olivastro e gli occhi nerissimi più grandi della piccola bocca rossa, portava al malato una bottiglia di latte.
pp. 174-175
Le loro voci stridenti arrivavano fino a Giorgio, mentre Pretu correva a curiosare e gli riferiva poi le cose orribili che le donnicciuole dicevano per lui e per il dottore. Allora Jorgj pregava Margherita di riportare via il latte: ma ella deponeva la bottiglia sulla cassa, si riavvolgeva nella sua gonna nera e se ne andava senza salutare, senza parlare, talvolta anche senza neppure guardare il malato. Egli la seguiva con lo sguardo turbato, e la sua mano diafana tremava lievemente fra le pieghe del lenzuolo: quella figurina silenziosa e nera dal profilo arabo, quel bel viso di sfinge paesana gli ricordava l'altra, quella che non veniva mai.