Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 161
La giornata passò, lenta e triste nella stamberga, luminosa al di fuori, nel paese e nei valloni pieni di sole e di vento: egli contava le ore suonate dall'orologio di Santu Jorgj i cui rintocchi gli sembravano i gridi di una cornacchia, e nel suo dormiveglia aspettava sempre l'arrivo del parroco, ma provava, come fin dal primo momento del suo ritorno, anche un senso di attesa angosciosa, il desiderio e la speranza che prima o dopo del prete un'altra persona arrivasse...
p. 161
Se viene il prete domandategli il sonette, vi prego! Adesso tornerà la primavera, verranno le giornate lunghe, e dopo mangiato fa piacere stare all'ombra e suonare. Io mi metterò accanto alla porticina e voi dormirete.
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Una voce timida un po' rauca domandò il permesso di entrare, e la figura alta e curva del prete s'avanzò titubante. Aveva la sciarpa nera intorno al viso scialbo, le mani entro le maniche.
p. 163
- Che ne sapete voi se io ci vado o no? - gridò il prete dandogli del voi, mentre due macchie rosse gli colorivano le guance.
p. 163
- Quando si può lecitamente! O almeno senza far male agli altri. Ma... quando non si può? Allora bisogna rassegnarsi, e pensare che Dio ci manda le tribolazioni, in questa vita, per compensarci nell'altra... Ogni nostro dolore ci verrà ripagato al doppio, al triplo di gioia; è come se noi facessimo un prestito ad usura...