Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 153
Sono come lo stelo del frumento, che la tempesta ha spezzato... La spiga è matura... e giace al suolo... e nessuno la raccoglierà...
p. 154
- E tu credi che chi ti ha calunniato, possa pentirsi? Ti inganni, figlio mio: quella è razza di assassini, - aggiunse a bassa voce, curvandosi sul malato, - sparvieri sono, maledetti sieno! Sono abituati ad uccidere, quelli; e l'unica arma che possa ferirli è quella che adoperano loro..
p. 154
- Bene! Tutti i cristiani vivi pecchiamo, figlio mio: sono soltanto i grandi peccatori, le anime dannate all'inferno, che non si confessano: vedi loro? Essi non vanno quasi mai in chiesa... Dicevano, anzi, che la ragazza ti piaceva perché miscredente... Ti capisco, anima mia, - aggiunse, vedendo il malato mettersi la mano sotto la guancia e chiuder gli occhi con stanchezza, - ti fa male sentir parlare dei tuoi nemici: lo so, è come frugarti una piaga. Ma tu fai male a perdonare. Neppure Dio perdona i calunniatori, i perversi.
p. 155
Son vedova, son sola... e benché il vecchio sparviero abbia cercato di ridurmi alla miseria non c'è riuscito... Egli mi ha frodato, egli mi ha rubato, ma non del tutto.
p. 155
Io farò per te quello che una madre potrebbe fare per il suo figlio: io cercherò l'avvocato, andrò a Nuoro io stessa in persona... Ma tu non stare così, come la lucertola sotto la pietra. Un uomo deve sempre difendere il suo onore...»