Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 148
Faceva freddo, ma i paesani barbuti e robusti, rossi in viso, con occhi nerissimi e denti candidi, erano vestiti di orbace, di pelli, di saia, con cappotti stretti e cappuccio in testa, e sentivano il sangue scorrere caldo nelle vene: sembravano uomini di altri tempi, e il loro dialetto composto quasi tutto di latino accresceva quest'illusione.
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Anche dalla fontana, chiusa in una specie di tempietto con un cancello di ferro, le donne imbacuccate come arabe nelle sottane nere, mentre riempivano le loro brocche di creta e strillavano litigando, salutarono la vecchia rivolgendole parole scherzose.
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Sembravano uomini di altri tempi, e il loro dialetto composto quasi tutto di latino accresceva quest'illusione.
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La piccola vecchia scosse la testa sotto il suo bizzarro mantello nero, e scese lentamente gli scalini.
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Eccoli tutti lì, sulle panchine e lungo il parapetto, gli sfaccendati del paese. Un tempo non era così, quando il villaggio, diviso in due partiti da un'inimicizia che appassionava anche i vecchi e i ragazzi, viveva d'una vita violenta ma anche attiva, e tutti stavano nelle loro case o nelle loro terre per badare alla propria roba e salvaguardarsi dai nemici.