Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
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In un angolo stava una stuoia di giunco, ove forse qualche bandito aveva dormito i suoi sonni agitati; c'erano ferramenta arrugginite, una brocca, un archibugio antico e dentro una nicchia una piccola statua nera di San Francesco e un lumino spento.
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Dopo una settimana di vento furioso, di nevischio e di pioggia, le cime dei monti apparvero bianche tra il nero delle nuvole che si abbassavano e sparivano all'orizzonte, e il villaggio di Oronou con le sue casette rossastre fabbricate sul cocuzzolo grigio di una vetta di granito, con le sue straducole ripide e rocciose, parve emergere dalla nebbia come scampato dal diluvio.
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Tutto il panorama, dai monti alla costa, dalla linea scura dell'altipiano sopra Oronou fino alle macchie in fondo alla valle, pareva stillasse acqua.
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Ai suoi piedi i torrenti precipitavano rumoreggiando nella vallata, e in lontananza, nelle pianure e nell'agro di Siniscola, le paludi e i fiumicelli straripati scintillavano ai raggi del sole che sorgeva dal mare.
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Da una delle tre case rossastre, il Municipio, la casa del parroco e quella di zia Giuseppa Fiore, le cui finestruole munite d'inferriata e i balconi di ferro al primo piano guardavano sulla piazza, uscì una vecchia di bassa statura, col viso pallido seminascosto da una gonna nera in cui ella avvolgeva la testa e metà della persona come in un mantello; prima di scendere gli scalini di granito che da una specie di patiu come quello dei nuraghes mettevano sulla piazza, volse in giro i grandi occhi cerchiati e un'espressione di sarcasmo le circondò d'un solco la bocca sdentata.