Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 172
Un torrente passava in fondo alla valle, fra enormi roccie e boschi di ontani che un improvviso soffio di vento scuoteva. Nel silenzio profondo del luogo misterioso il mormorio degli ontani diede ad Anania una bizzarra impressione; gli parve che la sua speranza animasse le cose intorno, e che gli alberi tremassero, come sorpresi da una gioia arcana.
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Ogni tanto Anania si distraeva, ammirava, seguiva con interesse le indicazioni della guida e guardava col binocolo; ma appena egli cercava di godere la dolcezza del panorama magnifico, il dolore gli dava come una zampata da tigre per riafferrarlo interamente a sé.
p. 173
- Quella è Nuoro? - gridò Anania.
- Sì: la collina di Sant'Onofrio la divide in due.
- Sì, è vero. Si vede distintamente.
- Peccato che questo vento sia così rabbioso! Va al diavolo, vento maledetto! - urlò la guida. - Altrimenti si poteva mandare un saluto a Nuoro, tanto oggi sembra vicina!
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Il cielo si rasserenò completamente, il vento soffiò: le cime schistose brillarono al sole, profilate di argento sull'azzurro infinito; l'isola svolse i suoi cerulei panorami, disegnati di montagne chiare, di paesi grigi, di stagni lucenti, e qua e là sfumati nella linea vaporosa del mare.
p. 173
Sotto il suo sguardo irrequieto stendevasi quasi tutta l'isola, con le sue montagne azzurre e il suo mare argenteo, rischiarata dal sole allo zenit: sopra il suo capo brillava il cielo turchino, vuoto e infinito come il pensiero umano.