Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
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- No, - disse, confidandosi con la vecchia come non s'era mai potuto confidare con nessuno, - per lungo tempo io non seppi nulla di lei. Ora però credo di essere sulle sue traccie. Dopo che mi ebbe abbandonato ella partì dalla Sardegna, ed un uomo la vide a Roma, vestita da signora.
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- Altro che le parlò! - rispose amaramente Anania. - Egli disse d'aver passato qualche ora con lei. Dopo non si seppe più nulla; ma io, mesi fa, la feci ricercare dalla Questura e venni a sapere che ella vive a Roma, sotto un falso nome. Però si è emendata, sì, si è emendata, e adesso vive onestamente lavorando.
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Si versò da bere, guardò il vino attraverso la luce rossastra della lucerna di ferro, e sembrandogli torbido lo assaggiò appena; poi nel pulirsi la bocca vide che il vecchio tovagliolo grigiastro era bucato, e se ne coprì scherzosamente il viso.
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In verità, io credevo che tu lo sapessi. Io l'ho riveduta quest'anno, ai primi di maggio; ella venne a Fonni per la festa dei Santi Martiri, e conduceva un cantastorie, un giovine cieco suo amante.
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- Ditemi, -egli insisté, - ma c'è davvero? Io vidi alla finestra una donna febbricitante, gialla, terrea, con due occhi da gatto... Era lei? Ne siete certa?