Giacinto Satta
Sassari, Tipografia della Nuova Sardegna
Il tesoro degli angioni
Giacinto Satta
p. 170
La sostanza nerissima con la quale aveva impiastricciato barba, sopraciglia e capelli, aveva stinto all’azione del sudore e la faccia n’era rimasta rigata qua e là macchiata: un enorme cravattone nero che gli girava il collo a più riprese ed un’antica palandrana, nera anch’essa, d’un nero sbiadito e sudicio, un vecchio straccio che gli piangeva addosso, gli componevano un aspetto così funebre.
p. 175
Aperto appena l’uscio si vide venire incontro un individuo di media statura, giovane ancora, con baffi e capelli rossi, una lente incastrata nell’occhio e vestito con una certa pretesa d’eleganza.
p. 182
Ed erano lunghe passeggiate o col Delogu [...] sulle cime nude dominanti il doppio orizzonte del mare ceruleo che si perdeva a ponente nella nebbia diafana, e della verde landa che sfumava a levante su, lontano, nel grigio degli oliveti...
p. 183
E in queste forti sensazioni [...] dormendo su uno strato di frasche verdi, respirando l’aria satura dei sani aromi che esalano dai boschi e dal mare, il Selis sentiva rinvigorirsi.
p. 186
i>Tia Rita aveva raccolto presso l’uscio qualche cosa come un cencio azzurro e lo sporgeva a mostrarlo agli altri.