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LA SARDEGNA

Anno I - Numero I - 1 Maggio 1882

La Sardegna
Anno I - Numero I - 1 Maggio 1882

Ai Lettori 

(p. 1)

Perché intraprendiamo la pubblicazione di un nuovo giornale?
A questa domanda non rispondiamo con un lungo programma. Brevi parole basteranno a far manifeste le nostre intenzioni, tanto più ch'esse già si riassumono nel titolo del giornale stesso.
LA SARDEGNA! Questo nome comprende una serie di dolori, di bisogni, di tarde riparazioni, di speranze. Lo scopo nostro è di promuovere gl'interessi dell'Isola indipendentemente dalle gare dei partiti. E per quanto da noi dipenderà, tenteremo un'opera di conciliazione, necessaria in un paese che soltanto gli sforzi uniti degli onesti cittadini possono condurre davvero a quel grado di prosperità a cui lo spingono le sue nobili aspirazioni.
Certamente abbiamo fede in alcuni principi dai quali non ci scosteremo. E sono i principi fondamentali delle Istituzioni che ci reggono. Ma crediamo pure, che nelle Istituzioni medesime si contenga il germe di ogni progresso civile e politico. Entro questo confine c'è un campo vastissimo, nel quale possiamo e dobbiamo discutere con profitto comune.
Lontani dagl'intrasigenti così di Destra come di Sinistra, fermi nel proposito che la discussione abbia ad essere alta e serena, non ci lasceremo trascinare a polemiche personali. Vogliamo procedere innanzi con l'appoggio degli amici e con la stima degli avversari.
Altro non abbiamo da aggiungere, e ci auguriamo, che il favore dei lettori ci aiuti a proseguire nel nostro cammino.
La Direzione

Nubi

(p. 1)
Sono cenerognole, non scure e minacciose. Ma possono addensarsi, stendersi a fitto velo, e rompersi scattando fulmini, dilagando la pianura. Se non si potrà avere un parafulmine, è prudenza stare all'erta e aver dinanzi all'occhio l'altura su cui riparare.
È velato l'orizzonte della Russia. Una cupa ira una sorda lotta gorgoglia minacciando esplosioni violente, il cui contracolpo fremerebbe chi può dir fin dove? Nichilisti, tirannicamente impazienti, terribili per audacie inaudite; un sovrano indeciso! Forse timido, forse impari al peso enorme d'un impero così vasto, intransigente, severamente autocrate, ciò ch'è più; poi amministrazione corrotta, spirito di ribellione che invade i più alti strati del governo, lotte di razza, odi, rancori mortali. Chi può dir come potrà finire? Le nubi s'addensano.
In Inghilterra una lunga esperienza di un governo liberale urta tuttavia contro il sentimento d'un intero popolo, l'Irlanda: sorge una questione vitale; il diritto alla terra, alla proprietà. La legge inglese, così larga e savia, non avea avvertito finora il torto fatto a una classe numerosa, i lavoratori irlandesi. E ora che i torpidi ripetuti a Dublino, nelle contee, per tutta l'isola, reclamano la rivendicazione della proprietà e del diritto; il governo ha l'occhio annebbiato, vede poco, confusamente, concede non quanto dovrebbe, non quanto può. E il malcontento cresce, tanto più grave, quanto più l'Irlanda è vicina a Londra e i proseliti della lega Agraria crescono, si filtrano tra le dense schiere della società inglese. È possibile, così, attentare una volta alla vita, muovere una seconda volta minaccie contro una regina stimata in Europa come tipo di sovrano illuminato e devoto alla volontà delle Camere e del paese. Una volta è un matto, ora un prete che stendono contro lei il braccio tristemente minaccioso. La Regina cansa il primo pericolo; si previene il secondo. Il governo pare deciso a voler trovare il bandolo del problema. Ma le nubi veleggiano sul cielo grigio di Londra.
Si muovono, agitate in America; ove il Messico e la repubblica di Guatemala digrignano l'un contro l'altra i denti. Si fondono, ancor lì, in macchie nerastre di tono lugubre, verso il Brasile, levatosi in armi contro la repubblica dell'Uruguay, che con odioso anacronismo rinnova contro due poveri italiani gli strazi dell'Inquisizione, e sfida bravamente, senza misurar l'offesa e temer la pena, la dignità e la forza del Brasile.
In Germania, in Austria, in Francia, in Africa, ovunque veleggiano, su nel cielo, modeste, leggere, sfrangiate, poi nucleate, più scure, gravide di tempesta. Basta, a distinguerle, aver occhio buono e coraggio di rivolgerlo là, verso quel dato punto dell'orizzonte. Coraggio; perché vederle vagare e distendersi non può non far pena, se non veramente paura.
E anche su, per l'Italia, l'azzurro è screziato, adombrato, qua e là ascoso da macchie cupe. Governo non sempre accorto nell'amministrare né pronto a usar della fortuna; partiti, dalle linee oscillanti, spezzate qua e là, il cui colore è incerto, i cui nomi rispondono ormai poco o punto al programma o alla vita loro: Camera agonizzante, a cui non si sa se debba succedere un'altra più armonica e volenterosa o più disgregata e apatica: il paese desideroso che si mettano da canto le alte, fumide quistioni di astruserie politiche; poi, molti, giusti, bisogni rimasti nell'acre tremolio dell'aspettativa, non soddisfatti, e tuttavia urgenti; poi ancora sfiducia, un po' d'amaro, incertezza.
È triste, quanto vero.
Le nubi veleggiano, corrono per l'orizzonte.
Può disperderle un benefico soffio di vento, un caldo raggio di sole.
Forse quel soffio o quel raggio non son lontani.
D'altronde, di sicuro, chi saprebbe dirlo?...

Da un giorno all'altro
(p. 1)
Il Conte Ferraris, sindaco di Torino è a Roma col suo segretario particolare onde ottenere dal governo un concorso per l'Esposizione Nazionale che si terrà nella capitale del Piemonte l'anno 1884.

L'on. Ferraris intende pure di chiedere al ministro Baccarini di mettere la ferrovia di Superga nella 4ª categoria. Vorrebbe che fosse fatta per l'epoca dell'esposizione.

L'on. Acton pubblicherà fra breve una memoria nella quale dirà le ragioni per cui ha sostenuto il tipo da lui fatto adottare nella costruzione delle nuove navi.

Per un milione e trecento mila lire furono deliberate le spese per la costruzione di opere e provviste occorrenti allo stabilimento di un porto di rifugio sicuro nella rada di Tortolì in Sardegna.

Possiamo assicurare essere erronea la notizia che l'on. Acton intenda nominare una commissione per un'inchiesta sulle costruzioni navali. Dicesi invece che intende ritirarsi, ma non subito.

L'on. Giovagnoli fonda un nuovo giornale artistico letterario, con illustrazioni. Avrà per titolo la Fornarina. Si stamperà a Roma dalla tipografia elzeviriana. Il primo numero lo si pubblicherà al 15 maggio prossimo.

La pubblicazione del giornale ufficioso Il Parlamento, è rimandata al prossimo ottobre.

È stata approvata la relazione dell'on. Di Lenna per il riordinamento del servizio postale e commerciale marittimo della Sardegna; che coincide per l'approvazione della convenzione relativa.
Furono approvate le tariffe.

Scarabocchi
(p. 1)

Il tenore Stonatini, noto per essere un cane, ieri l'altro dovea recarsi da Firenze a Livorno. Si presenta allo sportello dei biglietti e ne domanda uno.
- Che classe? - chiede l'impiegato. E il tenore per fare dello spirito:
- Quarta.
- Sta bene; ma... si metta la museruola.

X

Tubercoletti incontra Toldino in Piazza Castello, mentre ha una pietra sotto il braccio sinistro.
- Cosa te ne fai di quella pietra?
- Serve di campione per una casa che voglio vendere.

X

Agli esami di storia naturale:
- Mi dica signor Somarini, quante famiglie d'animali abbiamo?
Somarini rosso fino agli occhi:
- Scusi, professore, in famiglia mia degli animali non ve ne sono.... Guardi un po' nella sua!...

X

Dall'album:
- Una donna, tra due uomini che si somigliano, tituba nella scelta. Un uomo tra due donne che si valgano, non tituba un minuto; le piglia tutte e due.

Appendice

Saggio musicale al civico istituto di Sassari

(p. 1)
A chi mi avesse detto qualche settimana fa, che qui a Sassari avrei ritrovato la Sala Dante di Roma, e la società del quintetto, e i programmi di musica classica, e una esecuzione inappuntabile e tale da mandar soddisfatti i critici più severi, avrei risposto che questa era una celia e che certi prodigi si vedono solamente nei racconti fantastici.
E avrei avuto torto. Jeri mattina l'illusione era perfetta. Intorno a me un pubblico intelligente, attento, abituato a un genere di musica che, per essere convenientemente apprezzato richiede una coltura artistica non comune; e davanti a questo pubblico una schiera di artisti valenti, sicuri, che molte città italiane c'invidierebbero. Non è già che nella Sardegna in generale e a Sassari in particolare l'amore della musica sia mai stato scarso. Al contrario, qui il sentimento dell'arte è stato sempre vivissimo e basterebbe a dimostrarlo il numero considerevole degli artisti egregi che nell'isola nostra ebbero i natali. Ma il riunire queste individuali attitudini, il dar vita ad una istituzione seria e feconda di durevoli risultati era impresa difficile e da non potersi condurre a compimento senza una grande energia, senza un intenso desiderio del bene pubblico. Sassari ha avuto questo merito; un artista abilissimo, di fama italiana, tenuto in pregio da tutti i più insigni cultori delle musicali discipline, il Maestro Canepa, aiutato da' suoi concittadini, ha saputo e potuto riprodurre in questa simpatica città ciò che a stento si è ottenuto in alcuni grandi centri, come Roma, Napoli, Torino, Milano e Bologna.
Ardisco affermare che fuori di queste città primarie, le quali dispongono di mezzi ragguardevolissimi, non ve n'è alcuna in Italia che, per questo riguardo, stia a paro con Sassari. Un forestiere che qui venisse, rimarrebbe senza dubbio, gradevolmente sorpreso. L'omaggio che i Sassaresi hanno reso alle arti sia col loro maestoso Palazzo Provinciale, sia coll'Istituto di musica, sia con una serie di miglioramenti edilizi, è indizio non solamente di fervido ingegno, di operosità, di continuo lavoro, ma di aspirazioni eziandio a un alto ideale e di ferma volontà di raggiungerlo.
Del programma d'ieri facevan parte due tempi del 2º quartetto di Mendelssohn, la sonata appassionata per pianoforte di Beethoven, il Quartetto 6º di Haydn, e due tempi del gran quintetto di Schubert. Nella sonata di Beethoven, una delle più sublimi ispirazioni di quel sommo maestro, ho ammirato la signorina Casella, distintissima pianista che eseguì quel pezzo con l'accento che conviene alla musica di Beethoven, lontana dagli effetti volgari. Negli altri componimenti istrumentali testé accennati, mi parvero meritevolissimi di lode il Giannini concertista di pianoforte dal quale si ha ragione di aspettare ottimi allievi, il Bolis violinista di non ordinario valore per la perfetta intonazione ed anche per la qualità brillante e forte del suono, il Manca violinista diligente che anch'egli trae dal suo strumento una qualità di suono oltre ogni dire affascinante, il Nigra (padre) suonatore di contrabasso, che nel quintetto di Schubert ha superato con invidiabile franchezza le più ardue difficoltà, e finalmente gli alunni Nigra e Siotto che fanno onore ai loro maestri. Ma ciò che, a mio avviso, va maggiormente notato, si è la giusta interpretazione data a ciascuno di questi pezzi così diversi fra loro pel carattere, e che rappresentano diverse epoche dell'arte. Dall'Haydn, per esempio, allo Schubert corre un considerevole periodo di tempo. Solamente i veri artisti che hanno dimestichezza con questa musica, sono in grado di metterne in luce le innumerevoli sfumature, la immensa varietà e perfino, mi sia concesso di dirlo, le opposte tendenze artistiche.
Il Canepa, nei suoi programmi, ha l'accorgimento di alternare la musica vocale con la istrumentale. È tolto per tal guisa ogni pericolo di monotonia e di stanchezza. Egli tanto più ha ragione di seguire questo sistema, in quantoché può giovarsi di alcuni eccellenti dilettanti ed artisti di canto. La signora Sironi ha cantato con voce estesa e bellissima e con arte squisita la drammatica romanza di Donizetti La mère et l'enfant. Se il mio amico Tosti fosse stato presente, avrebbe fatto plauso anch'egli alla voce fresca e simpatica della signorina Giulia Rossi ch'eseguì in modo inappuntabile la melodia Vorrei morire. Il Rossi De-Ruggiero è un artista del quale tutti rammentiamo la brillante carriera, e sono stato lieto di riudire nella romanza del David Rizio quel suo fraseggiare largo ed appassionato e quel suo accento efficace che appartengono ad una scuola di cui, pur troppo, si vanno perdendo le tracce.
Ho parlato quasi sempre di artisti. Gli è che in questo concerto anche i dilettanti meritavano il nome di artisti e non potrei stabilire fra loro alcuna diversità. Il Canepa ha il conforto di non coltivare un terreno ingrato e sterile. Ne ho la prova anche nella banda municipale, che, per le sue cure, è una delle migliori che oggi si possano udire.
Al maestro Canepa auguro di cuore che la salute lo assista. I primi passi da lui mossi nella carriera teatrale, il David Rizio e il Riccardo III, rivelarono un compositore dotto e vigoroso e furono accolti dal pubblico e dalla critica con sommo favore. L'Istituto Sassarese è un'altra prova di ciò che da lui, dal suo ingegno, dalla sua costanza ha il diritto d'attendere l'arte italiana.
A me dorrebbe che queste sincere parole di encomio fossero tenute in conto di bassa adulazione da coloro i quali sanno che io sono sardo nell'anima. Certo, io mi sento lieto di tutto ciò che torna ad onore del mio paese; ma, così scrivendo non ho fatto altro che riferire schiettamente le impressioni profonde da me provate. Il destino, da parecchi anni, ha gettato anche me nelle lotte politiche, ma qualche volta mi riscaldo ancora alla sacra fiamma dell'arte, quando, come in questa cortese ed illustre città, risplende limpida e pura.

F. D' ARCAIS

Da Roma

 

(pp. 1-2)
28 Aprile
Ho accolto con la massima delle soddisfazioni l'invito d'essere corrispondente di un giornale quotidiano di Sassari, e perché è caro a tutti vedere che la stampa, questa leva potente, va facendosi strada ovunque, e perché sono sicuro che il giornale fatto con alti intendimenti riuscirà degno del nome di cui si fregia, degli scrittori che lo redigono.
Lettori, vorreste che in questi tempi di democrazia perfetta io seguissi le male usanze e modis et formis facessi la presentazione del mio io? No. D'altronde non ne varrebbe la pena. L'uomo si giudica dai suoi atti; il corrispondente dalle sue corrispondenze. Io mi prefiggo d'essere meritevole dell'incarico che mi si affida.
Parlerò di tutto e di tutti; e baderò di far il possibile "per non seccar la gente".
Dopo ciò, fatta la più compita, per grazia e movimento di forma, delle riverenze, passo alla prosa, che, spero, sarà quotidiana, fra poco tempo.

***

Roma, capitale, è commossa oggi per due distinti fatti; Roma città è sempre sotto l'incubo della crisi. Una signorina mi diceva così: "Io temo, che il sindaco Pianciani e la Giunta a furia di essere in crisi finiscano per divenire tante crisalidi". Fuggii inorridito.
Ma per ritornare a Roma capitale, ecco ciò che impensierisce i circoli politici.
Voi saprete, che in questi scorsi giorni il parlamento si occupò del progetto sulle spese straordinarie militari. Fatto curioso, in tutta la discussione pochissimo s'è parlato degli eserciti di terra e di mare, e ancora più poco delle fortificazioni. Viceversa poi si scatenò una vera bufera contro l'On. Acton per la costruzione dei navigli; e, diciamolo pure, di batoste n'ha toccate parecchie nelle tre sedute che durò la discussione. Per poco non fu detto nemico della nostra marina. Il povero ministro non ha saputo nemmeno difendersi, e a mezza voce s'è lasciato scappare la frase: "Ebbene si faccia un'inchiesta"! "La si faccia pure - ha soggiunto Nicotera. - E la si faccia in modo che nessun dubbio possa poi sorgere". Ma l'on. Depratis, quando si fu all'ultimo, disse che non era il caso e che neppure credeva far questione di gabinetto sugli ordini del giorno presentati.
Accettò quello pure e semplice dell'on. Castellano, che passò a grande maggioranza. Sfido io!. Tolto ogni valore a quell'ordine, poteva far diversamente la Camera? Ha messo il punto finale a quella discussione, diventa per quel fatto cosa addirittura inutile.
Ma, ed è qui la preoccupazione di tutti, può il Ministro della marina rimanere al suo posto? L'on. Depretis ha fatto colla sua dichiarazione come Pilato; ed ha detto: "Signori della Camera, io non faccio questione di gabinetto sulla fiducia che voi potete o non potete avere su Acton. Resti egli o se ne vada; per me è tutt'uno: a voi il pensarci".
Ieri a sera in alcuni circoli si diceva che l'on. Acton aveva intenzione di dimettersi. Buona cosa; ma, come tutte quelle buone, più facile a dirsi che a farsi! Che egli sia esautorato, ormai egli stesso deve capirlo. Quindi...
Il Capitan Fracassa di oggi dice, che l'onorevole Ministro vuol far per conto suo un'inchiesta. S'accomodi Sua Eccellenza; ma s'è mai visto, che un proprietario permetta, anzi meglio, dia ciottoli a persone perché poi gli vadano a rompere le tegole di casa? Un'inchiesta, se fatta da persone amiche del Ministro, non avrà alcun valore. E può forse l'on. Acton incaricare della cosa deputati che non gli sono amici? Sarebbe quindi sicuro del verdetto prima ancora che incominciassero i lavori. Alla Camera si sono citati dei fatti e non delle ciancie.
Che avverrà dunque? L'avvenire è in mano di Dio, in questa circostanza rappresentato da Depretis. Egli, quale deputato di Stradella troverà ben la via che menerà al punto che a lui garberà meglio.

***

Medio evo, santa inquisizione, ecco una testata che andrebbe a pennello a quanto sto per dirvi. Secondo fatto codesto, che commuove la capitale.
Ricorderete che il telegrafo nello scorso febbraio ci annunciò un assassinio stato commesso a Montevideo; pel quale erano stati arrestati due italiani, sospetti complici del misfatto. Circa un mese dopo quei due italiani sono stati messi in libertà. Ora sentite i particolari di questo fatto.
L'assassinato fu un certo Beaucourt: l'assassino l'orientale Carbajal. La mattina del 19 febbraio los napolitanos, (così li chiamavano benché fossero di Salerno) Volpi Raffaele di anni 40 e Patroni Vincenzo d'anni 58 furono arrestati e separatamente tradotti alla Casa Centrale della Polizia, ove vennero subito interrogati sull'assassinio e richiesti del dove avessero nascosti i denari stati rubati al Beaucourt. Il furto dei denari sarebbe stato lo scopo del crimine. Naturalmente i due italiani, essendo innocenti, dissero, che non sapevano affatto dei denari. E allora fu loro immediatamente inflitta la tortura del ceppo columbiano; che consiste nel mettere un fucile sul collo e l'altro sotto le ginocchia del paziente e riunire quindi le parti del corpo in modo che la testa tocchi le ginocchia. In quella posizione furono lasciati per circa quattr'ore. E, per impedire che gridassero, fu loro introdotto in bocca un pezzo di legno a forma di morso da cavallo e legato quindi dietro la testa. Poi furono condotti o piuttosto gettati in una tetra carcere, legati con grillos ai piedi, specie di ceppi. Al mattino seguente la tortura del ceppo fu replicata. E poiché i due italiani seguitavano a dirsi italiani, vennero appesi al soffitto a capo in giù e lasciati così dondoloni per più di due ore. Nel frattempo, con stoppa imbevuta di spirito, si abbrucciò loro le piante dei piedi. Al terzo giorno replica del ceppo e dell'abbrucciatura ai piedi. Poi un ufficiale legò loro le braccia in modo da far piegare in due il corpo, unendo le due spalle in modo che lo stomaco pareva li dovesse spaccare lì per lì in due. Né ancora a quegli aguzzini pareva di aver fatto a bastanza. Fecero passare nelle dita delle mani delle spranghette di ferro, e le strinsero talmente forte da rovinarli addirittura quei poveri torturati.
Il Volpi, sentendosi morire, pregò d'essere condotto a casa, che là avrebbe tutto confessato. Lo si esaudì. Ma il Volpi, avendo anche nella sua abitazione ripetuto che non aveva denaro e che frugassero pure in tutti i mobili, fu ricondotto in prigione, là pestato coi piedi, battuto con un grosso bastone sulle braccia, ferito alla gola con piccoli colpi di coltello. E gli sputarono in viso, e gli strapparono la barba, e gli empirono la bocca di terra; cose da far venire la pelle d'oca, al solo sentirle dire. Il Petrone fu lasciato parecchi giorni senza una goccia d'acqua. In carcere era con delle persone che lo tormentavano continuamente. Un giorno gli fu tirato tale un calcio in fronte che perdette una quantità grandissima di sangue. Un bel dì corse voce, che i due italiani prigionieri erano stati sottoposti a torture. Il giovane vice console italiano, che in assenza del titolare della Legazione sbriga con molto zelo, ma forse con insufficiente autorità, gli affari, volle assicurarsi del come stessero le cose; e si recò al carcere domandando di visitare i due italiani. Il giudice incaricato del processo volle egli stesso accompagnarlo alla prigione; lì, fatti chiamare i due individui, li presentò come Volpi e Patrone. Il vice console li guardò, li interrogò, e si convinse che quei due non avevano sofferto maltrattamenti. Era presente anche un medico italiano. Così venne rassicurata la colonia italiana, che per la notizia si era commossa, e molto.
Ma il 21 marzo una sentenza del giudice istruttore dichiarò l'innocenza dei due italiani. Sfido io! L'autore dell'assassinio aveva confessata ogni cosa e tolto ogni dubbio. Volpi e Patrone furono posti in libertà. Centinaia di italiani si recarono ad aspettarli alla porta del carcere. Ma allora, che triste spettacolo! Gli infelici torturati non potevano più reggersi in piedi: portavano le traccie sanguinose delle torture sofferte. Condotti subito al Circolo Napoletano, narrarono gli strazi patiti: si poté così stabilire, che i due individui stati presentati al vice console non erano che due condannati qualunque. Infatti nel giorno della visita i due italiani erano nell'assoluta impossibilità di uscire dalle loro celle avendo, cinque giorni prima, subita la tortura e trovandosi quasi in fin di vita. E ciò fu ritenuto verosimile da due medici, anche perché, dopo un mese circa di cura fatta appositamente per distruggere le traccie dei maltrattamenti, si trovavano ancora in deplorevolissime condizioni.
Volpi e Patrone furono subito ricoverati nella Legazione, anche perché non divenissero più gravi le dimostrazioni che già si facciano per le vie contro il governo di Montevideo, dalla nostra colonia.
Il vice console Perrod, dopo di aver fatta fare un'accurata perizia medica dei due italiani, domandò la cooperazione del Comandante della Caracciolo, Amezaga, per avere una soddisfazione del governo locale.
Il Comandante della Caracciolo ha pubblicato un manifesto nobile, dignitoso. E intanto il signor Perrod mandò una protesta. Il ministro degli affari esteri, Herrera, rispose rinviando gli interessati ai tribunali, ma si rifiutò di accettare proteste. Capite?!...
Allora il vice console dichiarò apertamente che, se le sue proteste non venivano accettate, e si rifiutava la riparazione spettante per diritto egli si sarebbe ritirato a bordo della Caracciolo abbassando le insegne della Legazione. Il signor Herrera rispose, tale fatto avrebbe costituito un'offesa per il governo dell'Uruguay e che non era quello il miglior modo di trattare gli affari diplomatici.
Il nostro vice console ha fatto benissimo a respingere la nota del signor Herrera ed a ritirarsi sulla Caracciolo.
Come finirà? Speriamo bene e con vantaggio e decoro nostro.

***

Oggi si è riaperto il Senato. Il telegrafo ve ne avrà, a quest'ora, dato avviso.
Si discuterà lo scrutinio di lista. Speriamo che la legge passi e che il Senato non crei una lotta sterile, che riescirebbe anche penosa al paese. Il quale attende codesta riforma, e spera che ne venga bene, e non poco, alla nostra vita pubblica.

RUELLO
 
Italia

(p. 2)
Bovio a Torino. Il Bersagliere ha da Torino:
L'onorevole Giovanni Bovio partì improvvisamente ieri sera alle 6 50, insieme con Felice Cavallotti, per Milano. Questa fretta di lasciarci fu motivata da un deplorevole incidente.
L'onorevole Bovio, essendo amicissimo di un artista del Vittorio Emanuele (il baritono comm. Vincenzo Quintili-Leoni, che canta attualmente nella Maria di Rohan al detto teatro) promise a costui che sarebbe andato a sentirlo una sera... Fu esagerazione d'amicizia ammirativa nel Quintili-Leoni? O fu inverecondo tentativo di speculazione da parte dell'impresa teatrale? Molto probabilmente quest'ultima ipotesi è la vera. Fatto sta che fin da lunedì comparve sulle cantonate di Torino l'avviso di uno "spettacolo straordinario di gala con illuminazione a giorno" che sarebbesi tenuto ieri martedì "per festeggiare l'illustre ospite professor Giovanni Bovio, deputato al Parlamento, che assisterà (il manifesto diceva proprio così) alla rappresentazione".
L'impresario del teatro di via Rossini si serviva del Bovio a scopo di reclame!
Alla lettura del manifesto in questione, l'egregio cittadino partenopeo dovette impallidire; come dovette impallidire al banchetto di domenica nel ridotto dello Scribe, quando un oratore, il cui cervello sicuramente bighellonava nel regno delle nuvole, uscì in questa formidabile trovata: "Finché l'Italia avrà filosofi come Bovio e poeti come Cavallotti, essa non avrà bisogno d'alleanze straniere"!?

Sardegna dall'Osservatorio di San Pancrazio

(p. 2)
Cagliari, 30 Aprile
Sono quassù a trecento metri sul livello del mare; una bell'altezza non è vero? E sotto ai miei piedi si stende la città, digradante colle sue vie sino alla marina. Di quassù veggo tutto: osservo tutto col mio cannocchiale, degno del parco di Lord Ross. Non mi sfugge niente di tutto questo brulichio d'insettucci, bipedi e senz'ali, che si chiamano uomini: solo, il loro ronzio fastidioso non riesce ad offendere il mio timpano. Tanto meglio! Non sarò disturbato nelle mie osservazioni: solo, tratto tratto, mi riposero contemplando questa cupola di cobalto che mi s'incurva sopra al capo, questa verde pianura che si stende sotto ai miei sguardi, questo golfo eternamente azzurro, disegnato dai monti che sfumano via in lontananza.
Laggiù, in quelle viuzze, in quelle piazze, in quei ridotti, gravita, come cappa di piombo, un'aria dissolvente. Molto idrogeno e pochissimo ossigeno. Il Dottor Oss farebbe bene a mettere in movimento i suoi apparecchi e a far funzionare le sue macchine. L'ambiente è pregno di vapori, che mozzano il respiro e danneggiano la saluta.

X

Fuor di metafora, la nostra vita cittadina si riduce a piccole gare di partito, a rancori privati, v'è antipatia di persone non lotta di principi. Si lavora con ansia febbrile, forse per disfare domani ciò che oggi si è fatto: e i nostri omenoni sprecano tutta la loro energia, tutta la loro attività nel combattersi e distruggersi a vicenda. Il che produce un triste contraccolpo nella nostra vita morale ed economica.
A dir vero, non è il caso di fare delle geremiadi. A che serve, farsi il sangue verde? È meglio non pensarci, per ora. È meglio sperare nell'avvenire. Il passato servirà d'esperienza: e che il cielo ci aiuti.

X

Quello però che mi gode l'animo di dire, si è che la nostra città va ogni giorno abbellendosi sempre più. I lavori di sistemazione della via Roma, benché progrediscano a rilento, pure son quasi giunti a termine. Quello lì ha da essere un bel corso: largo, aereato, carezzato dal mare che gli lambisce i piedi, e fiancheggiato da una lunga linea di nuovi ed eleganti palazzi, unito per varie ramificazioni al Corso Vittorio Emanuele specialmente col largo Carlo Felice, un bel largo in fede mia. Poi saranno sistemati i bastioni, costrutto il palazzo municipale; si avrà il rettilineamento di molte vie, chi vivrà vedrà.

X

La great attraction della cronaca di questi ultimi giorni fu il dibattimento di Luigi d'Aquila, quegli che aggredì il Cap. Stanlej Bosanquets, comandante della corazzata Inglese ancorata in rada, la Nortumberland, si tenne sabato scorso nella gran sala della 1ª Corte di Assise. Vi intervenne un pubblico numerosissimo; la curiosità era leggitima, si trattava di un processo, il quale doveva essere quasi la rivendicazione del nostro onore. L'accusa voleva, nientemeno, distruggere la fama che la Sardegna gode da tanto tempo di terra cortese, ospitale.
L'accusato, un giovine Siciliano di circa 20 anni, svelto, abbastanza istruito, doveva rispondere di grassazione con mancato omicidio. Rappresentante del P.M. era l'egregio Cav. Anacleto Tronci; al banco della difesa siedeva l'Avv. Gavino Scano. Questi pronunziò un discorso veramente splendido. I giurati respinsero l'accusa di mancato omicidio, e ritennero il d'Aquila responsabile solo della grassazione. Lo condannarono a 15 anni di lavori forzati.

X

Quanto alla nostra vita letteraria ed artistica, essa si limita ben poco. Tuttavia si nota un certo risveglio, che ci dà a sperare bene. Sono usciti i primi due fascicoli, delle Serate Letterarie, nuovo giornale redatto da F. Uda, da C. Brundo, da A. Scano e dal vostro simpatico E. Costa. La nuova effemeride fu accolta da noi con molta simpatia; e certo non le mancheranno incoraggiamenti ed aiuti.
Permettetemi dire una parola di lode all'indirizzo di un nostro giovine concittadino, il Sig. E. Castagnino, il quale ha esposto due quadri, una marina e un paesaggio, corretti per disegno, originali per concetto e coloriti con gusto.
E permettete che, disegnati per oggi questi pochi asterischi sull'Osservatorio a guardare il cielo azzurro, dolce, sereno, che fa dimenticare la prosa quotidiana della nostra vita cittadina.

L'Astronomo
Per Sassari

(pp. 2-3)
Nettezza - Nelle città, tutti sanno, v'è un'impresa, che ha per insegna o epigrafe, se volete: Nettezza urbana; v'è un regolamento che tende a questo scopo. Che fa l'impresa? Come si fanno osservare i regolamenti? La poca nettezza del nostro paese è la solita, la triste nota della Cronaca. Le vie, poco pulite di giorno, la notte sono addirittura un orrore.
Le signore sono obbligate a tirar su, per non insudiciarlo, l'orlo delle sottane; gli uomini a rimboccarsi i calzoni.
È vero. Le condizioni agricole del nostro paese sono d'ostacolo a che le vie sieno e rimangano interamente pulite. Ma via! Con un po' più di buon volere da parte di ciascuno ci si potrebbe rimediare.
Cani e cavalli vaganti - Non sono più i cani che vagano senza museruola: anche i cavalli corrono per la città senza cavezza. Ieri, proprio sul Corso, un cane, assalito da idrofobia, scorazzava mordendo, per buona fortuna, i suoi compagni. Fu ucciso, e lasciato là sulla strada insanguinato ed agonizzante.
Un cavallo percorreva il Corso e la Carra Piccola alla gran carriera, infilando addirittura la porta d'una casa.
Non successero disgrazie; ma poteano certo avvenirne.
Che fanno intanto le nostre guardie municipali?
Zelo delle Guardie - Alcuni piccoli monelli si divertivano in Piazza dell'Università a giuocare ai soldi. Forse erano in contravvenzione al regolamento di Pulizia. Una Guardia Municipale crede che quello fosse forse il caso di dar prova del suo zelo su quei poveretti; ne abbranca uno e lo percuote con tanta furia che quel povero diavolo cade a terra gridando, non potendo più rialzarsi. Il funzionario si allontanò. E il padre del ragazzo accorse furioso... Se si fosse incontrato colla guardia, forse le avrebbe insegnato ad essere un'altra volta meno zelante nell'esercizio delle sue funzioni, o più garbato, per lo meno. E l'esempio non sarebbe certamente riuscito inopportuno.
Processi - È il Cancelliere (così vuol esser chiamato il Cronista Giudiziario) il quale mi prega di dire ai lettori che per oggi non può scrivere la sua Cronaca, per la semplice ragione che non vi sono processi importanti. Tutti sanno come le nostre Corti d'Assisie sieno tuttora chiuse. Quanto prima però spera di poter ammanire qualche cosa di piccante.
E questo è quanto.
Ringraziamo di cuore tutti i nostri colleghi in giornalismo che hanno annunziato con parole cortesi la pubblicazione della nostra Sardegna, e in modo particolare i direttori della Provincia, e dell'Eco di Sassari, e della Bandiera Sarda di Cagliari.
Impiegati Comunali - Ieri 30 Aprile ebbe luogo nell'Aula del palazzo Ducale gentilmente favorito dal ff. di Sindaco una riunione di Segretari ed impiegati Comunali della Provincia di Sassari per discutere e deliberare sui seguenti oggetti:
1º. Costituzione dell'associazione locale dei Segretari ed impiegati Comunali di questa Provincia in esecuzione all'art. 4º dello Statuto 30 Novembre 1881 dell'Associazione Nazionale.
2º. Nomina del Consiglio direttivo.
3º. Voti dei Segretari Comunali per la pronta riforma della legge Comunale, le premure da farsi ai Deputati dei rispettivi Collegi perché vogliano escogitare o propugnare quei provvedimenti Legislativi che valgano a garantire e rialzare la Loro morale e materiale condizione.
A tale adunanza intervennero oltre il Signor Comm. Battilana rappresentante il Signor ff. di Sindaco, i Signori Marras Giordano Avvo. Giuseppe Segretario del Municipio di Sassari Presidente del Comitato Promotore, un numero non indifferente di Segretari dei diversi Comuni della Provincia, di impiegati del nostro Comune, e di Insegnanti.
Dichiarata aperta la seduta, lessero due discorsi di circostanza l'Avvo. Marras Giordano ed il Signor Lorenzo Giordo i quali furono applauditi. E si dichiarò così costituita l'associazione locale dei Segretari ed impiegati Comunali di questa Provincia.
Si passò quindi alla nomina del Consiglio Direttivo, e dei varj Consiglieri, di cui ci dispiace non poter dare oggi i nomi; locché faremo in altro numero.
[...] quindi un voto di fiducia al Signor Presidente per la nomina del tesoriere, si raccomandò ai Signori Consiglieri perché si occupassero della compilazione di apposito Regolamento, e si deliberò spedire un telegramma al Signor Presidente della Società di Roma.
Dopo di che l'adunanza si sciolse.
Concorso - È aperto il concorso ad otto posti di Maestro Elementare Supplente e ad altrettanti di Maestra Supplente per le Scuole Elementari maschili femminili di questa città.
Gli aspiranti a detti posti presenteranno alla Segreteria Municipale non più tardi del giorno otto del p. v. mese di Maggio la propria instanza in carta da bollo da centesimi 60, corredata dai documenti che stimeranno atti ad avvalorare la domanda e specialmente dai seguenti dichiarati obbligatori.
a) Certificato di nascita.
b) Attestato degli studi percorsi e Patente d'abilitazione allo insegnamento.
c) Certificato di Moralità rilasciato dal Sindaco del Comune in cui risiedono.
d) Certificato comprovante l'idoneità fisica all'insegnamento da rilasciarsi dall'Ufficio Medico Municipale.
I concorrenti indicheranno sull'istanza l'attuale altro domicilio e dimora, non che se intendono concorrere per titoli o per esami o per esame e per titoli congiuntamente.

Sciarada

(p. 3)

"Professore - diceva, all'esame di Dritto,
uno studente - è vero; feci poco profitto
delle vostre lezioni... Ma deh! Non mi bocciate,
la seconda toccatami, Professor, mi cangiate!
Su di essa non potrei neppure aprir la bocca
e dir magari un terzo. Deh! Se il primier vi tocca
un senso di pietade, col vostro noto intero
cangiatemi il secondo, e non mi date un zero"!...
Ma la prece fu inutile col professor spietato...
E il povero studente quell'anno fu bocciato.

 

Arte e Artisti

(p. 3)
Al Civico - Un pubblico abbastanza numeroso assisteva ieri, nel nostro Civico, alla rappresentazione del Mastr'Antonio del Marenco. L'esecuzione per parte degli artisti fu buona. Ottimamente il Domenichini, benissimo la Romagnoli e la Bellinetti, bene la Calamai e Treves, discretamente gli altri attori. Il pubblico volle rendere un attestato di benevolenza agli artisti tutti, chiamandoli all'onore del proscenio.
Il Mastr'Antonio ha delle scene drammatiche trattate con vera maestria, degne dell'autore del Falconiere e della Celeste. Peccato che il finale della commedia, tutto elaborato a sensation sulla falsariga degli antichi drammi francese, non sia d'accordo colla soavità dell'idilio, svolto con quella grazia di forma e con quella dolcezza di verso che caratterizzano i lavori del simpatico poeta!
Per stassera si annunziano; Il Codicillo dello zio Venanzio, del Ferrari, e la farsa Un signore ed una signora. Quanto prima i Mariti del Torelli, per beneficiata della brava Clelia Calamai.
Quadri - Un giornale dell'Emilia annunzia che, a Reggio, è stato scoperto di recente un quadro di grandi dimensioni e di gran pregio artistico, che rappresenta Venere e Diana e che da giudici molto competenti in fatto di belle arti, si ritiene sia uno dei più ammirabili capolavori del Correggio.

Tra libri e stampe

(p. 3)
La Sardegna sotto il reggimento del Piemonte e dell'Italia - di EMILIO BONFIS - Narni, Tipografia Umbro - Sabina - 1882.
Ho preso il libro a malincuore. Era oramai troppo abituato a sentir dire male, ingiustamente, della Sardegna. Il libro del Corbetta, e di quegli altri, viaggiatori telegrafici, che pretesero parlare dell'Isola nostra sol perché vi erano passati, mi stava ancora presente nell'anima offesa. Era divenuta un'abitudine, propagata per induzione, lo screditare la Sardegna.
Il proemio di questo del Bonfis mi ha riconfortato. L'autore premette che a parlare della Sardegna fu indotto dal desiderio di una buona azione. È generoso adunque il compito suo.
E generosamente infatti egli parla di questo paese da lui conosciuto, dove ha passato molti anni della sua vita, ove ha trascorso giorni ineffabili di consolazioni e di amarezze. Quando si scrive col cuore, come ha scritto il signor Bonfis, non si può scrivere che bene.
L'A. discorre qua e là delle varie fortunose vicissitudini dell'Isola sotto le diverse dominazioni, descrivendone, volta a volta, le dure, le gloriose vicende.
Esamina e combatte fortemente le critiche di coloro, che, visitando da turistes la Sardegna, vollero ad ogni costo dire in proposito le loro impressioni, penose, pessimistiche, false.
Più che altri, egli prende di mira il famoso Dott. Corbetta, esaminando gli strafalcioni da lui detti a corboni più che a corbette. Sono una vera preziosa amenità questi capitoli!...
Quando trova il male, il Bonfis è imparziale, giusto, non lo cela; ma ne cerca il rimedio. E la causa del male dell'Isola nostra egli lo trova tutto nella mancanza di popolazione. E contro questo male suggerisce un eroico rimedio, l'unico: la colonizzazione dell'interno dell'Isola.
Su questo, che è uno dei più importanti problemi del nostro paese, sarebbe pur bene che si parlasse, e non poco né di rado, ma spesso e con efficacia. Speriamo che la cosa non resti lì.
Qua e là pel libro, il signor Bonfis fa considerazioni opportune, profonde.
È da augurare alla Sardegna che siano molti gli scrittori che con amore e giustizia narrino la storia e descrivano i suoi luoghi. Per ora al signor Bonfis ogni sardo, della sua opera leale e dotta, dev'essere sinceramente grato.

Librarius

Dalla Tribuna

Camera dei Deputati

(p. 3)
(Seduta del 29 Aprile)
La seduta si apre alle 2,15 pom. Presidenza Farini.
Riprendesi la discussione generale della legge sul riordinamento dell'Esercito.
L'on. Perrone combatte non la somma di 200 milioni richiesta pel bilancio della guerra, ma il modo di spendere il più che si chiede, cioè l'aumento dei due corpi, i quali dubita che accrescano realmente la forza dell'esercito, mentre la fanteria non riceve che l'aumento di soli 42000 uomini. Certamente (egli continua) devonsi desiderare forti eserciti: accade però talvolta che la quantità non equivalga alla qualità, massime quando non è dato avere quadri che in bontà corrispondano al valore numerico. Rileva l'inconveniente del progetto ministeriale, e mostra che anche ad alcune innovazioni è anzi preferibile il sistema attuale. Chiede quindi, che secondo l'ordine del giorno il contingente annuo di prima categoria sia regolato in modo che le compagnie di fanteria con 8 classi di leva risultino in guerra con l'effettivo di 250 uomini.
L'on. Savini replica all'on. Plebano che lo accusava di voler troppo facilmente sciupare il denaro: spiega che egli intendeva dire d'esser pronto a votare qualunque somma quando con essa il Ministro assicuri di poter provvedere alla difesa nazionale. Citando i fatti della storia antica e moderna, sostiene che sia meglio spendere oggi dei milioni per difendere la nostra indipendenza, che correre improvvidamente il rischio di pagare dei miliardi ad un nemico vincitore.
Pelloux, riferendosi all'accusa di contradizione lanciatagli dall'on. Ricotti a proposito della questione dei congedi anticipati, dimostra, citando i suoi scritti, come egli, quei congedi, non li abbia mai creduti la rovina dell'esercito, ma li abbia soltanto combattuti quando si trattava di un esercito di 300000 uomini. Risponde poi ad altri appunti sull'amministrazione della guerra.
L'on. Plebano chiarisce i concetti da lui espressi che furono fraintesi dal deputato Sani. Conferma, che riforme vere e utili non si sono fatte né si accenna a farle. Il patriottismo non consiste nell'ammettere ogni spesa solo perché la si chiede per la difesa del paese, ma nell'approvare solo le spese utili e nel coraggio di respingere le inutili.
De Renzis parla per un fatto personale difendendosi dagli appunti mossigli da vari oratori per aver sostenuto l'avanzamento degli ufficiali. Dichiara aver parlato di tutti i corpi indistintamente per compiere il dovere di sollecitare il termine di una posizione anormale che lo preoccupava. Ha difeso i diritti degli ufficiali, che crede lesi. Ha sollevato una questione di giustizia e non d'interessi materiali. Ammette con l'on. Arib che sia necessaria una preparazione morale, ma vuole che questa non sia ristretta all'esercito, ma che sia estesa a tutta la popolazione.
Ricotti replica all'on. Pelloux dando schiarimenti, e mantenendo quanto disse in ordine al sistema dei congedi anticipati tanto come esso era seguito utilmente e necessariamente prima del 1876, quanto come è praticato con vantaggio ora. Si duole poi del modo di polemica adoperato oggi dall'on. Pelloux per combattere quasi i suoi atti e detti alternandoli e mutilandoli. Rettifica le citazioni allegate. Mentre egli era ministro, non volle mai proporre la diminuzione della forza tattica delle compagnie come avverrebbe col presente progetto ministeriale. Ripete quindi che non lo voterà, se non si approva l'ordine del giorno della Commissione e se non si dà assicurazione che è già pronta la somma corrispondente.
Marselli e Arbib fanno dichiarazioni personali circa la questione dell'avanzamento degli ufficiali.
Per fatti personali tornano a parlare gli onorevoli Pelloux e Ricotti.
Corvetto, relatore, risponde agli appunti mossigli dai vari oratori. Ad Ungaro risponderà quando si discuteranno gli articoli che riguardano le sue osservazioni. Ha esaminato il progetto di Alvisi, ma non ha trovato risultarne dieci milioni di economia. Osserva aver l'on. Ungaro ripetuto ora le stesse cose dette alla Camera anni indietro: e gli risponde ora come rispose allora, che cioè le considerazioni politiche meritano di essere anteposte alle finanziarie. Nega che la commissione non si sia occupata della parte finanziaria; anzi ha introdotte nella legge tutte le economie possibili. Noi non abbiamo un numero soverchio né di soldati né di ufficiali in confronto alle altre nazioni, ma l'abbiamo solo di personale di amministrazione. Raccomanda al ministro di provvedere. A quelli che hanno detto che non si aumenta la forza nazionale, fa osservare che avremo col progetto ministeriale un aumento reale di 86000 combattenti e 184 cannoni. A De-Renzis dice ch'egli non ha fatto ragguagli sugli avanzamenti da grado a grado, ma ha parlato in modo generale. Sollecita che si approvi la legge sugli avanzamenti, e che si mostrino imparzialità e inflessibilità nel concedergli. Si faccia in modo, che i giovani, i quali si dedicano alle armi, abbiano dinnanzi una carriera larga e sicura. Ringrazia l'on. Savini, plaude allo splendido discorso dell'on. Di-Rudini. Venendo all'ordine del giorno proposto dalla minoranza della commissione affinché le compagnie in tempo pace siano portate a 100 uomini, dice che la maggioranza non l'ha accettato, perché preferisce aver le compagnie di 90 uomini e 12 corpi anziché di 100 uomini e 10 corpi. La [...]
[...] -tenza in paragone alle altre nazioni è appunto di 12 corpi.
Il seguito della discussione è rimandato a domani.
S'annunzia un'interrogazione degli onorevoli Negri e Fano al Ministro dell'Interno sulle scene di violenza accadute in Milano la sera del 26 Aprile contro i Magistrati e giurati della Corte d'Assisie. Sarà comunicato al Ministro.
Approvasi la proposta dell'on. Nicotera cominciar domani la seduta al tocco.
La seduta si leva alle 6 e 30 minuti.

Per Telegrafo
(Agenzia Stefani)

(p. 3)
TUNISI, 29 - Destournelles fu nominato Delegato Interinale agli Affari Esteri in assenza di Cambon. Il generale Lambert è arrivato. Riorganizzerà la polizia.
PIETROBURGO, 30 - Si fortificheranno Varsavia, Kowno, Goniondz. Si spenderanno sessanta milioni di rubli. I lavori saranno terminati fra dieci anni. Dieci milioni si consacreranno in questo anno.
ROMA, 30 - La Commemorazione del Gianicolo ebbe luogo alle ore 3 ½ promossa dai Reduci delle patrie battaglie, riuscì ordinatissima come quella di stamane dei veterani del 1848-49 "Reduci Italia e Casa Savoia".
PARIGI, 30 - Un dispaccio da Tunisi afferma che il nuovo Console Tedesco Nachtimall indirizzossi alla residenza francese per farsi ammettere al libero esercizio delle sue funzioni dalle Autorità Beilicali. L'Agente francese lo presentò oggi al Bey.
VIENNA, 30 - Inghilterra, Russia ed Austria accettarono in massima le proposte francesi riguardo alla navigazione del Danubio. L'adesione della Germania e dell'Italia si ritiene certa. Soltanto la Rumania solleva alcune difficoltà di dettaglio.
MONTEVIDEO, 30 - È stato arrestato l'antico Ministro della Guerra e capo della polizia per causa dell'imprigionamento e della tortura dei due italiani. Avendo pure alcuni Brasiliani ricevuto mali trattamenti, il Brasile concentrò truppe alle frontiere; e domanda soddisfazione.
L'Uruguay mobilizzò 3500 uomini, fortifica Montevideo.
LONDRA, 1 - Il Times è informato che s'è decisa l'emissione, entro la settimana corrente della seconda metà del prestito Italiano. Annunziasi che l'emissione ascenderà a 364 milioni nominali. Si farà a Londra, Berlino, Amsterdam.

Dispaccio particolare

ROMA, 1 - (Ore 5,15) Ieri sera il professore Sbarbaro nella piazza della Minerva insultò e sputò in viso al cavalier Ferrando, Capo di Gabinetto di Sua Eccellenza il Ministro dell'Istruzione. Era presente il Ministro, onorevole Baccelli.
Il professore Sbarbaro venne subito arrestato e tradotto immediatamente alle carceri.
Domani, d'urgenza, per citazione direttissima, si svolgerà il processo in Tribunale.
Ieri la Gazzetta d'Italia ha pubblicato una lettera della moglie di Sbarbaro; in cui si diceva, che il Segretario particolare del Ministro voleva indurla a sottrarre alcuni documenti ch'erano a carico dell'onorevole Baccelli. Oggi il Segretario smentisce le asserzioni della moglie di Sbarbaro.
Di questo incidente si fanno vivissimi commenti in tutti i circoli politici, nella Camera e nel Senato.

Taccuino del pubblico

(p. 3)
PARTENZE DA PORTOTORRES
Per Livorno e Genova................................................................. Lunedì 8 - matt.
Per Maddalena, Bastia, Livorno e Genova......................... Mercoledì 9 - matt.
Per Maddalena, Terranova, Civitavecchia e Livorno.............. Sabato 5 - matt.
Per S. Teresa, Maddalena, Terranova, Siniscola, Orosei,
Tortolì, Muravera e Cagliari..................................... Venerdì 7 15 matt.
ARRIVI A PORTOTORRES
Da Genova e Livorno.................................................. Venerdì 5 - sera
Da Genova, Livorno, Bastia, Maddalena........................... Lunedì 11 - matt.
Da Livorno, Civitavecchia, Terranova, Maddalena............... Giovedì 6 - sera
Da Cagliari, Muravera, Tortolì, Orosei, Siniscola,
Terranova, Maddalena, S. Teresa.............................. Mercoledì 4 45 - sera
PARTENZE DA CIVITAVECCHIA
Mercoledì 6 pom. per Terranova, Maddalena e Portotorres.
Lunedì 5 ½ pom. per Terranova, Siniscola, Orosei, Tortolì e Cagliari.
PARTENZE DA TERRANOVA PER CIVITAVECCHIA
Civitavecchia il sabato 6 - sera - La domenica 6 30 sera.
ARRIVI A TERRANOVA DA CIVITAVECCHIA
Il martedì mattina 7 30 - arrivo Sassari treno 3 20 sera.
Il giovedì mattina 7 30 id. id.
Per ulteriore schiarimento diriggersi al Sig. Diego Brusco agente della Società Florio Rubattino in Sassari e Portotorres.

Osservazioni Meteorologiche
Osservazioni del 1º Maggio 82 ad ore 7 ant. in Porto Torres.
Barometro a 0° - 759.65. Termometro esterno, - 17.3. Vento, - Greco Levante moderato. Mare mosso. Cielo ¼ coputo. Direzione delle nubi ferme. Ieri G. L. moderato, mare mosso, cielo sereno.

Movimento del Porto di Portotorres
Arrivi del 30
Piroscafo postale Blidah, Francese, tonn. 326 da Marsiglia carico di varie merci.
Piroscafo postale Toscana, Italiano, tonn. 235 da Livorno e scali, con varie merci.
Tartana Don Giuseppe, Italiana, tonn. 41 da Livorno e Solenzaro con legname.
Bilancella Roma, Italiana, tonn. 7 da Corsica, vacante.
Bilancella Nuovo Principio, Italiana II, tonn. 14 da Riva, con ardesie.
Partenze del 30
Piroscafo Numidie, Francese, tonn. 247 per Marsiglia con bestiame.
[...], Nazionale, tonn. 235 per Livorno e [...]

Scene della vita
Grullo!

(p. 3)
L'altro giorno, il mio amico Stefano passeggiava distratto, con le mani indietro, lungo il viale della villa Medici. Nella sua mente c'era un va e vieni di pensieri indistinti, di idee confuse e vaghe a cui si mischiavano certe sensazioni tumultuanti, certe aspirazioni misteriose che sarebbe stato impossibile definire.
Una signora a cavallo sboccò dalla cancellata del Pincio.
- È lei! - pensò Stefano.
Era la signora Venturelli, una vaga donna che egli conosceva soltanto da poche settimane e verso la quale si sentiva singolarmente attratto.
Un palafreniere stecchito e rigido la seguiva a qualche distanza.
Verso l'occaso, il sole si stendeva dietro a lei, come un'immensa tela color di fiamma, il cui splendore abbagliante faceva chinare gli occhi. Ella teneva al passo il suo superbo cavallo che mordeva impaziente il freno, sbuffava fuoco dalle narici, arcuava il collo e rizzava, a forma di pennacchio, la coda. Varie persone si fermarono da entrambi i lati del viale, a guardarla.
Indossava un'amazzone di velluto nero, stretta sui fianchi, larga e ondeggiante ai piedi. I suoi capelli, fitti e lucidi, ravvolti in una reticella di seta e d'oro, scappavano dalla tesa del cappellino, posato in alto, sul cocuzzolo, e ornato di un velo nero anch'esso, che svolazzava indietro, sulle spalle. La sua vita sottile e smilza alla cintola, piena e ricolma sul seno, stava ripiegata un po' innanzi, seguiva con grazia tutti i movimenti del cavallo e parea facesse scricchiare la stoffa dell'abito. Il suo volto era animato e rosso. Le sue pupille lucevano, tremolando.
- Com'è bella! - disse Stefano a sé medesimo, nel salutarla.
Ella gli ricambiò il saluto, con un cenno del capo, e gli mandò un saluto lungo, insistente, passando.
- Com'è bella! - pensò Stefano fra sé, di nuovo.
Quand'ella fu scomparsa, egli ritornò indietro, girandolò un pezzo per le vie, e tornò a casa tardi. Alla sera, poi, siccome si annoiava troppo, [...] a visitare la signora Venturelli [...]
- Le rendo grazie di essere venuto - ella gli disse. - So che vive ritirato e che non frequenta le compagnie; ma spero che, d'oggi innanti, vorrà, qualche volta, modificare le sue abitudini per me.
Stefano fece un lieve inchino che non parve una risposta soddisfacente alla signora, perché le sue belle ciglia si corrugarono un poco.
- Sarò felice di venire a trovarla - poscia egli disse comprendendo che non avrebbe più potuto trincerarsi senza scortesia dietro l'equivoco. - Però la mia presenza sarà in questa sala, come un tono grigio in un quadro smagliante. Io son diventato uggioso agli altri ed a me stesso. Credevo che lo studio bastasse a soddisfare i bisogni della mia mente e del mio cuore; infine, m'accorgo di essermi ingannato.
Perché parlava così? E quale subita foga di espansioni lo assaliva?... Vi hanno gesti, vi hanno sguardi che rischiarano, all'improvviso, tutto un mondo sconosciuto di sentimenti, come quei lampi repentini che illuminano una larga distesa di campagna, la notte. Stefano guarda la signora, e, senza ch'egli forse lo sapesse, le sue pupille dilucidavano le frasi oscure che aveva detto. Ella sembrava tranquilla ed impassibile, lisciava con indifferenza le increspature e gli sboffi della sua gonna; ma chi sa quali pensieri l'agitassero, in fondo!
- Ahimè! - bisbigliò vedendo che il giovane non aggiungeva nulla e quasi volesse ripigliare il discorso di prima. - Noi passiamo la miglior parte della vita ad ingannarci da noi medesimi, se pure non siamo ingannati dagli altri.
Declinò il capo e guardò, per un istante, nel vuoto, assorta, come se le sue pupille scorgessero non si sa che visioni pallide, scolorite, vaghe. Stefano interpretò a modo suo quelle parole e quell'attitudine, intravide un romanzo nel passato, ne vagheggiò un altro nell'avvenire e disse, quasi volesse tentare di cominciarlo:
- I nostri mali provengono spesso dal non aver saputo aver fede, al momento opportuno.
- Ma, e come fare ad afferrarlo, questo momento? In che maniera distinguere la verità dalla menzogna? Tutti gli uomini, tutte le donne, conoscono così bene l'arte di camuffarsi, a' dì nostri.
(La Fine a domani).

L. De Cachapuz, Direttore

Schintu Vincenzo, Gerent- [...]

 
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