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GIUSEPPE DESSì


Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1965
I passeri
Giuseppe Dessì
Il cancello cigolò e Rita riconobbe con sollievo il passo scalzo della vecchia. Troppe ore aveva passato nella casa vuota, troppe ore di solitudine. Aspettava con gli occhi alla porta aperta sul cortile, ma la vecchia non appariva nel vano. Cercava qualcosa sotto il porticato del forno, frugava tra la legna, tra la carta straccia accumulata nel fornello per accendere il fuoco.

«Zia Leonia!» disse a mezza voce Rita.

La vecchia non rispose, non poteva averla udita a causa del rumore che faceva. I passeri strillavano sulla legnaia, e ora Leonia, reggendo le cocche del grembiale pieno di rami secchi, di tritume e di foglie imprecava contro di loro perché avevano mangiato la crusca delle galline e dei conigli inacidita nei truogoli di legno. Li chiamava ladri, li malediceva, ma non proprio sul serio, come se tra lei e i passeri si fosse convenuto che, potendo, loro, i passeri, avrebbero rubato il becchime dai truogoli. Li minacciava con la mano, si grattava la testa, gesticolava.
«Zia Leonia!» disse a mezza voce Rita, e questa volta Leonia, interrompendo il suo discorso con i passeri fece: «Ohi!» senza però voltarsi. Si chinò a raccogliere un fuscello, si guardò ancora intorno senza fretta. Così, ogni giorno, tornando dal lavoro riprendeva possesso della sua casa. Anche se pioveva a dirotto, si fermava un poco nel cortile, prima di entrare. La sua solitudine era più antica di quella di Rita, erano vent’anni che viveva sola in quelle tre stanze.
Finalmente entrò, lasciò cadere sul pavimento di terra battuta il contenuto del grembiale, e si sedette scuotendo la testa e allentandosi il nodo della pezzuola sotto il mento. Aveva un odore di vento e di polvere, un odore di estate finita, l’odore che aveva sempre la strada di Olaspri quando si finiva di coglier le mandorle, e le olive facevano piegare la cima sottile dei rami.

Ecco cosa aveva, l’odore di Olaspri, della casa e dell’orto di Olaspri e delle siepi lungo la strada, e dentro, più acuto, l’odore dei cardi selvatici.

 
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