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Collana: Scrittori sardi
Anno: 2006
Dimensione: 12x19 cm
Pagine: 242
Prezzo: € 20,00
ISBN: 88-8467-375-5
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Condaxi Cabrevadu
a cura di Patrizia Serra

La curatrice

Patrizia Serra è nata a Sassari; insegna Filologia romanza alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari. Si occupa di filologia medioevale francese e sarda; ha compiuto studi riguardanti il romanzo francese medioevale (Il sen della follia, 2002).

L'opera

Il Condaxi Cabrevadu, compilato nel 1533, proviene dal Convento di San Martino di Oristano e, insieme al più noto Brogliaccio, fornisce una importante testimonianza sulla costituzione e sulla gestione del patrimonio immobiliare del Monastero oristanese. Nelle prime carte vengono trascritti ed autenticati alcuni atti, relativi a donazioni di epoca giudicale a favore del Convento di San Martino di Oristano; in quelle successive vengono invece riaffermati e comprovati, mediante la convocazione e la testimonianza degli attuali proprietari o fittavoli, i diritti vantati dal Convento su alcune proprietà immobiliari. I documenti di maggior interesse contenuti nel Condaghe sono due atti di donazione risalenti al periodo giudicale e datati rispettivamente 1228 e 1326: la donazione di Pietro II de Lacon, che attribuisce al Monastero il completo possesso di numerosi saltos et montes, e l'atto di Mariano IV de Bas Serra riguardante la cessione di un corso d'acqua, il riu de Missas, con i relativi diritti sulle peschiere. Tuttavia, gli anacronismi storici e linguistici contenuti in entrambi i documenti ne dimostrano la falsità e suggeriscono piuttosto una loro collocazione cronologica in anni compresi tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Notevole è inoltre l'apporto, fornito dal Condaxi, per la conoscenza della lingua sarda; due le caratteristiche fondamentali che connotano il modus scribendi del nostro testo: il rispetto, da una parte, di una rigida formularità, propria del linguaggio ‘burocratico’ e notarile, con la conseguente ‘italianizzazione’ delle strutture sintattiche e del lessico, dall’altra la forte compresenza, a livello lessicale, di tutta una serie di prestiti, dallo spagnolo, dal catalano e, soprattutto, dall’italiano, che conducono ad una lingua ‘ibrida’, in cui i tratti prevalenti di tipo logudorese si mescolano a quelli ora propri dell'area campidanese. Lingua tecnica e settoriale dunque, ma rivitalizzata dalla presenza di tratti del registro colloquiale, lingua 'viva' proprio per la sua capacità di amalgamare quelle componenti culturali e linguistiche che caratterizzano la Sardegna del Cinquecento.

 
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