Cagliari, Tipografia Nazionale, 1851
Delle speranze vere d'Italia
Giovanni Siotto Pintor
Io mi vergognerei di scrivere sopra questo argomento se non fosse che il p. Tapparelli d’Azeglio venne fuori, or ha pochi anni, con quel suo libercolo dove il sofisma tien luogo di ragione, la satira e lo scherno pigliano la sembianza della gravità religiosa, e la storia è fatta servire a mezzana di turpitudini politiche e di sfacciate menzogne. Libro che ha lacciuoli a dovizia, che contrappone principii a principii, teorie a teorie, che ammette verità singolari e nega la primissima ond’elle tutte derivano, dove ogni dritto è nella forza delle armi, ogni nazione quasi un privato cittadino condannato a fremere e tacere, e tutta l’azione della società si risolve nel senno o nel capriccio d’un solo; libro che perpetua le catene dei popoli, tanto più riprovevole in quanto che esce dalla penna d’un italiano il quale nella difficile professione dello scrivere avrebbe potuto avvisare a gloria migliore che quella di esacerbare le piaghe della straziata madre comune.